
Bebe Vio in lacrime dopo aver conquistato l'oro
Milano - All’ospedale Galeazzi di Milano, qualche occhio s’è lucidato ieri quando Bebe Vio ha conquistato la medaglia d’oro nel fioretto individuale alle Paralimpiadi di Tokyo. E qualche bocca è rimasta aperta quando la campionessa ha dedicato la vittoria - il suo secondo oro nella stessa disciplina dopo Rio 2016 - anche al personale dell’Irccs ortopedico del gruppo San Donato, che l’ha curata, lo scorso aprile, per un infortunio e una pericolosa infezione che avrebbe potuto compromettere molto più che la sua partecipazione a Tokyo 2020. Non lo sapeva nessuno, l’ha rivelato lei stessa e non prima d’aver portato a casa il titolo, per non concedersi nemmeno un alibi in caso d’insuccesso. Alcuni giorni fa, annunciando che non avrebbe partecipato alle gare di sciabola, diceva che il perché sperava di spiegarlo "più avanti".
Più avanti è stato ieri, quando la ventiquattrenne di Mogliano Veneto, schermitrice dall’età di cinque anni e mezzo, che si è fermata solo un anno dopo aver subito, a undici, l’amputazione di avambracci e gambe a seguito di una meningite fulminante, dopo aver battuto la cinese Zhou Jingjing ha raccontato: "Lo scorso 4 aprile mi sono dovuta operare e sembrava che a queste Paralimpiadi non sarei dovuta esserci. Abbiamo preparato tutto in due mesi, non so come cavolo abbiano fatto. Non ci credevo, perché ho avuto un’infezione da stafilococco che è andata molto peggio del dovuto e la prima diagnosi era amputazione entro due settimane (dell’arto sinistro, ndr ) e morte entro poco. L’ortopedico ha fatto un miracolo, si chiama anche Accetta tra l’altro... È stato bravissimo, tutto lo staff lo è stato. Questa medaglia assolutamente non è mia, è tutta loro".
Riccardo Accetta è un chirurgo ortopedico molto stimato e molto schivo che fa il primario responsabile della Traumatologia e del pronto soccorso del Galeazzi, dove Bebe Vio è stata ricoverata un paio di settimane, la scorsa primavera, per l’intervento e per gestire l’infezione, in gran segreto. Fino a ieri, quando la campionessa ha spiegato le sue lacrime per questa medaglia "completamente diversa" da quella di Rio: allora era "l’emozione della prima volta, questa qui proprio non me la aspettavo. I primi quattro anni della preparazione sono andati benissimo, anche nel periodo del Covid. L’ultimo è stato parecchio sfigato: ho avuto un infortunio abbastanza grave. Il fisioterapista Mauro Pierobon e il preparatore atletico Giuseppe Cerqua sono stati qualcosa di magico". E ieri mattina, prima della gara, "mi hanno nascosto dentro la divisa il braccialetto dell’ospedale dove avevo scritto “-119”, che erano i giorni che mancavano da quando ho iniziato ad allenarmi".