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Il quarantanovenne crotonese ha iniziato a lavorare in provincia di Milano nel 2017
MILANO – Per anni ha ottenuto incarichi nelle scuole milanesi e lombarde, forte del titolo di studio di operatore dei servizi della ristorazione conseguito nel 2010 con un voto di 100 su 100. Peccato che G.C., quarantanovenne nativo della provincia di Crotone, non abbia mai frequentato il corso che dà l’accesso a quel diploma, dichiarando quindi il falso.
Per questo, nei giorni scorsi, l’uomo è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire 23.900 euro indebitamente incassati al Ministero dell’Istruzione e del Merito. Stando a quanto ricostruito nelle motivazioni della sentenza, nel 2017 G.C. ha presentato domanda di inclusione nelle graduatorie di istituto e di circolo di terza fascia del personale Ata (profilo professionale di collaboratore scolastico) per il triennio successivo, dichiarando di possedere il titolo conseguito in un istituto alberghiero paritario della provincia di Salerno.
Un istituto già finito nella bufera qualche anno fa, a seguito di un’inchiesta della Procura di Vallo della Lucania che ha messo nel mirino centinaia di diplomi considerati falsi (con altrettante persone indagate). Grazie a quell’attestato, G.C. è stato inserito in graduatoria, ottenendo il primo contratto a tempo determinato (18 ore settimanali dal 24 settembre 2018 al 30 giugno 2018) in un istituto comprensivo di Pieve Emanuele; un accordo interrotto in anticipo, dopo un paio di settimane, dal diretto interessato per rimpiazzarlo con una supplenza da 36 ore settimanali in una scuola di Legnano. Negli anni successivi, l’uomo ha continuato a lavorare come bidello a Pero con due supplenze annuali da 36 ore settimanali l’una.
I punteggi gli hanno consentito di presentare la domanda di inserimento nelle graduatorie permanenti per soli titoli del personale Ata della provincia di Milano valide per l’anno 2021-2022; anche in quel caso, ha presentato lo stesso titolo ottenuto nell’alberghiero. Il primo settembre 2021, è arrivata così la firma su un contratto a tempo indeterminato in un comprensivo di Villa Cortese.
A quel punto, l’Ufficio scolastico territoriale hanno effettuato i controlli di prammatica sulle dichiarazioni sostitutive presentate da G.C. A fine novembre, è arrivata la risposta da Salerno, che ha comunicato che il nominativo del quarantanovenne non era inserito negli elenchi allegati alla richiesta di pergamene dell’istituto paritario che aveva detto di aver frequentato. La conferma è arrivata qualche giorno dopo pure dalla scuola. A quel punto, i tecnici hanno cancellato il nome di G.C. dalle graduatorie; e di conseguenza l’istituto di Villa Cortese ha risolto il contratto a tempo indeterminato.
Da lì è partita la segnalazione alla Procura contabile, non la prima negli ultimi mesi per casi del genere (altri due sono arrivati a sentenza a febbraio): i magistrati hanno analizzato gli atti e chiesto la condanna dell’ormai ex bidello (a giudizio anche nel penale per falsità ideologica) a risarcire 47.878,11 euro. L’avvocato di G.C. ha chiesto l’assoluzione, contestando la falsità del diploma e sostenendo che il suo assistito ha in ogni caso svolto il suo compito di bidello “irreprensibilmente”. I giudici hanno ritenuto provata la condotta illecita, ma hanno ridimensionato la cifra da restituire al Ministero, dimezzandola a 23.900 euro. Il motivo? “La prestazione lavorativa resa in assenza di titolo valido si è esplicata anche in mansioni di tipo meramente esecutivo come, ad esempio, la pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi”.