ANNA GIORGI
Cronaca

Alessia Pifferi, quale condanna rischia la mamma assassina? Da 20 anni all’ergastolo

Dalla premeditazione al dolo, tutte le variabili per il calcolo della condanna. Sui social la richiesta di "una pena esemplare"

Alessia Pifferi

Alessia Pifferi

Alessia Pifferi, 36 anni, si trova in carcere in regime di sorveglianza potenziata per evitare che compia atti di autolesionismo o arrivi al suicidio. Solo la relazione autoptica definirà i dettagli della morte della piccola Diana di cui la Pifferi è indiscutibilmente responsabile. La bimba è morta di stenti, di fame e sete, una morte terribile. Il pubblico dei social si scatena sul toto-pena per la madre killer, sono in tanti a chiedere per lei una pena esemplare, ma cosa rischia realmente in termini di condanna Alessia Pifferi?

Una premessa è doverosa, il caso è semplice dal punto di vista della dinamica giuridica: morte e confessione della madre colpevole, ma è più complesso dal punto di vista processuale perché ha molte variabili.

Omicidio volontario

La donna risponde sicuramente di omicidio volontario pluriaggravato, essendo però lei incensurata, avendo confessato subito tutto, movente compreso (il desiderio di restare con il compagno prevalente sul desiderio di sopravvivenza della bambina) e non essendole stata attribuita, in prima battuta, la premeditazione, la pena potrebbe partire da 30 anni, andando poi a scalare.

Le aggravanti

Quelle che, per ora, le vengono contestate sono i futili motivi, (l’avere abbandonato la piccola per restare più giorni in compagnia del nuovo uomo), il legame parentale, la minore età della vittima e il dolo.

Dolo alternativo

In questo caso gli inquirenti le contestano specificamente il dolo alternativo che si ha quando il soggetto attivo, cioè la madre, agisce rappresentandosi e volendo alternativamente due eventi, tra loro incompatibili, essendo per lei indifferente quale dei due effettivamente si verificherà. Pifferi fa mettere a verbale: "Sapevo che Diana poteva morire, ma speravo che le bastasse il biberon di latte, quindi ci pensavo sì e speravo non morisse, ma non ne ero sicura". Accetta quindi entrambe le ipotesi, la vita e la morte.

La crudeltà

Questa aggravante non le viene, almeno per ora, contestata, il ragionamento degli inquirenti fa leva sul fatto che in senso giuridico, cioè per il codice, la crudeltà è tecnicamente solo attiva, non passiva come lo è, invece, la sofferenza causata da un abbandono.

Rito abbreviato

Per l’omicidio pluriaggravato non è più possibile chiedere il rito alternativo che consente di celebrare il processo a porte chiuse ed ottenere lo sconto di un terzo della pena. Quindi questo caso andrebbe, ad oggi, direttamente in Corte D’Assise e la Pifferi non avrebbe sconti "preventivi" sulla pena. Salva l’ipotesi, ricca di variabili ancora imponderabili, che le attenuanti siano equivalenti alle aggravanti e quindi si annullino a vicenda e si ricada nella fattispecie in cui è possibile ricorrere al rito alternativo e quindi allo sconto.

Quali sono le variabili

Le principali sono due: la premeditazione e il vizio di mente. Il primo elemento aggraverebbe moltissimo il quadro. Se risultasse che la Pifferi ha drogato Diana con il benzodiazepine significherebbe che lei ha volontariamente impedito alla piccola di salvarsi, chiamando aiuto, piangendo, attirando l’attenzione dei vicini. Senza contare gli effetti venefici della sostanza sul corpo di un bimbo così piccolo. A quel punto l’asticella della pena si potrebbe spostare e il conteggio degli anni partire addirittura dall’ergastolo.

La seconda variabile è il vizio di mente. Il passo successivo all’autopsia è la richiesta di una perizia da parte dell’avvocato della Pifferi e anche da parte della procura. L’eventuale dimostrata incapacità di intendere e volere della mamma killer porterebbe a quel punto a un notevole sconto di pena.

C’è una terza, minore, variabile: che il reato alla fine sia riqualificato in "abbandono di minore con morte come conseguenza". Restando però alla strada principale, quella di omicidio volontario aggravato, la pena non dovrebbe essere inferiore ai vent’anni, ma i due precedenti in materia hanno riservato molte sorprese.

I precedenti

Marco Falchi e Olivia Grazioli, genitori di Aurora, la bimba di 9 mesi lasciata morire di stenti come Diana, nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 2015, stanno scontando 12 anni di carcere. Sulla sentenza definitiva dell’Assise pesò la perizia che li dichiarò incapaci, nonostante la sera della morte di Aurora, avvenuta dopo una settimana di agonia con febbre a 39 la coppia fosse uscita a divertirsi e mangiare una pizza.

Alija Hrustic, 26enne di origine croata accusato di avere ucciso suo figlio di 2 anni e 5 mesi, a pugni in testa fracassandogli il cranio dopo avergli bruciato i piedi su una piastra da cucina è stato condannato a 28 anni di carcere. Il reato di omicidio volontario è stato riqualificato in maltrattamenti pluriaggravati, finiti con la morte del bambino.