Milano - "Si vedeva spuntare la testolina, schiacciata contro il materasso. Allora ho capito che dovevo fare qualcosa: mi sono improvvisata ostetrica e ho urlato alla donna di spingere. Mi sentivo in un film". Quando l’ambulanza è arrivata, il piccolo Emran era già tra le braccia della mamma. Nato in casa “a sorpresa“, con l’aiuto prezioso di una vicina.
Teatro di questa storia a lieto fine è un caseggiato Aler di via Tracia al quartiere San Siro, di quelli che di solito finiscono sulle pagine di cronaca per occupazioni abusive, degrado e criminalità. Stavolta no. "Erano le 15.20 di martedì 3 gennaio – racconta Vanessa Sangiorgi, residente al quarto piano della palazzina –, quando mio marito, rientrando dal lavoro, mi ha detto “la tua amica sta partorendo“. Io non ho capito subito a chi si riferisse e sono andata a vedere". Al primo piano la porta era spalancata: nel monolocale c’era una donna, Nezha Mkadmi, trentanovenne marocchina, stesa sul letto matrimoniale in preda alle doglie. Accanto, la sua bimba di 8 anni e la vicina di casa ultraottantenne a cui la piccola era andata a bussare chiedendo aiuto. L’arrivo di Vanessa, quarantacinquenne che si occupa di portineria e pulizie in un condominio, è stato provvidenziale.
"Io – racconta Nezha – di quel momento ricordo solo il dolore e l’agitazione. Ero stata in ospedale al mattino perché avevo dei dolori ma mi hanno rimandata a casa dicendomi che non era ancora il momento di partorire. Ma una volta rientrata in via Tracia, poco dopo le 15 mi si sono rotte le acque. Allora mi sono stesa sul letto. La mia bimba ha chiamato il 118 con il cellulare e l’ho mandata a chiedere aiuto alla vicina". Nel frattempo il piccolo Emran stava già nascendo, nel culmine di quello che sembra avere tutte le caratteristiche del “parto precipitoso“, con l’improvvisa comparsa di contrazioni intense e ravvicinate.
Vanessa, entrando, ha subito notato la testolina del piccolo che stava spuntando. "Non sono un’ostetrica ma ho capito che non c’era tempo da perdere per il bene del bimbo e della mamma. Mi sono messa accanto a lei e l’ho spronata: “Spingi, spingi!“. Lei ci stava già provando da tanto ed era esausta. Ma quando le ho detto “devi farcela, la testa sta diventando viola“ ha ritrovato le forze e ha spinto con tutta l’energia che aveva in corpo. Così il bimbo è nato. L’ho preso in braccio e gli ho dato dei colpetti sulla schiena, finché non ha pianto. E allora mi sono sentita bene: tutto era andato per il meglio". All’arrivo dei soccorritori, mamma e neonato erano ancora uniti dal cordone ombelicale. "Ci hanno accompagnati in ospedale – racconta Nezha –, dove siamo rimasti fino a giovedì sera". Nel frattempo, la vicina Vanessa si è presa cura della primogenita della trentanovenne, che ha stretto amicizia con la sua bimba di 4 anni. "Vanessa è il mio angelo", dice Nezha. "Io – ribatte Vanessa – sono solo contenta di aver aiutato una creatura a nascere. E pensare che fino al momento di questo parto speciale io e Nezha ci eravamo solo salutate qualche volta sulle scale; nemmeno sapevo che lei fosse incinta".
Al fianco di Nezha c’è il marito, che in quel momento era al lavoro. "Lavora come ambulante-collaboratore nei mercati. Sogna un lavoro più stabile". Lei, invece, è cameriera in un ristorante di Peschiera Borromeo. La famiglia sogna anche una casa. "Quella in cui siamo – conclude Nezha – è provvisoria, assegnataci dal Centro di solidarietà San Marco. Ma non potremo stare qui per sempre". A darle speranza sono i suoi bimbi. E sorride guardando Emran, "il mio regalo del 2023".