Milano, 7 gennaio 2024 – Che reato hanno commesso i componenti dello sciagurato trio di viale Toscana? Alex Baiocco, Michele Di Rosa e il terzo giovane, del quale per ora si conosce solo il nome di battesimo, Emanuele, hanno sicuramente messo a rischio l’incolumità di automobilisti, centauri e ciclisti, tirando un cavo d’acciaio lungo la strada e lasciandolo appeso fra gli alberi.
Inizialmente, quando è stato arrestato Baiocco, l’impianto accusatorio nei suoi confronti comprendeva addebiti molto pesanti come “strage” e “attentato alla sicurezza dei trasporti”. Il primo, per esempio, può essere punito con l’ergastolo.
Successivamente all’interrogatorio del ventiquattrenne milanese con il gip Domenico Santoro, le accuse sono state riqualificate. Le ipotesi di strage e attentato alla sicurezza dei trasporti sono al momento cadute perché, secondo il giudice, Baiocco (e, per esteso, i suoi complici, seppure le loro posizioni non siano state considerate, ovviamente, dal gip) non avrebbe avuto come primo obiettivo della sua folle iniziativa quello di uccidere. Per l’arrestato si configurerebbe solo il dolo eventuale: Baiocco, in sostanza, avrebbe accettato l’idea che una possibile conseguenza delle sue azioni potesse essere la morte di altre persone.
Il blocco stradale
Sfumate, quindi, le accuse di strage e attentato alla sicurezza dei trasporti, resta in piedi quella di blocco stradale.
Un’ipotesi di reato, questa, che fino a qualche anno fa era depenalizzata a livello di illecito amministrativo. A “declassare” la portata giudiziaria di azioni organizzate per fermare il traffico era stato il governo D’Alema, nel 1999.
Una ventina d’anni dopo, nel 2018, l’allora ministro degli Interni del governo gialloverde Matteo Salvini, aveva riportato il blocco stradale nel codice penale attraverso il cosiddetto decreto sicurezza, riqualificandolo in reato ma solo quando fosse stato realizzato attraverso oggetti (pietre, barriere e altro. Una fattispecie in cui rientra anche il cavo d’acciaio tirato da Baiocco e compagni).
Le pene
Successivamente a questa riforma, il reato di blocco stradale è punito con la reclusione da uno a sei anni e le pene sono raddoppiate se il fatto è commesso da più persone, anche non riunite, ovvero se è commesso usando violenza o minaccia alle persone o violenza sulle cose.
In questi casi gli autori del blocco possono essere indagati anche per altre accuse, più legate a eventuali effetti “collaterali” dello stop al traffico, come violenza privata, lesioni o addirittura omicidio stradale, nel caso la morte di una terza persona sia conseguenza del blocco.
Qualora s’impieghi un veicolo per bloccare la strada, questo può essere sequestrato e successivamente andare incontro alla confisca.
Cosa può cambiare
A fine dell’anno appena passato è stato approvato dal consiglio dei ministri un nuovo pacchetto sicurezza, per cui il blocco stradale può diventare reato anche se commesso solo con il proprio corpo. Una scelta, questa, che pare derivare dal ripetersi di manifestazioni organizzate da gruppi ambientalisti, abituati a sedersi o sdraiarsi lungo la carreggiata per fermare il flusso delle auto.
Il blocco stradale “senza oggetti” non sarà però sempre reato, ma solo quando l’iniziativa “risulti particolarmente offensiva ed allarmante, sia per la presenza di più persone sia per il fatto che sia stata promossa e organizzata preventivamente”.