di Andrea Gianni
Le schiave venivano portate in Italia via nave, sui traghetti di linea che salpano dalla Bulgaria facendo scalo in Grecia. "Mi avevano proposto un lavoro come badante e mi hanno convinta a partire", ha raccontato una delle vittime, costretta a prostituirsi nel Nord Italia, tra la Lombardia e il Veneto, quando era ancora minorenne. Un "tirocinio professionale" fatto di botte e violenze, fino a quando la ragazza ha trovato il coraggio di denunciare il suo aguzzino. L’uomo, il bulgaro Zdravko Tihomirov Stefanov, 47 anni, è stato condannato a 6 anni e mezzo di reclusione per sfruttamento della prostituzione minorile. Ma, quando è stata emessa la sentenza, poi divenuta definitiva, era già scappato all’estero. Destinatario di un ordine di esecuzione pena e di un mandato di arresto europeo emesso dalla Corte d’Appello di Venezia, è stato rintracciato nel Regno Unito, dove si era ricostruito una vita sfuggendo alla giustizia italiana. La Corte di Westminster, a Londra, ha stabilito "la consegna all’istante nel nostro Paese" e, presto, verrà estradato in Italia. Gli atti dei processi a suo carico, celebrati mentre l’uomo era latitante, sono uno spaccato delle violenze e degli abusi che le ragazze erano costrette a subire, mentre lui si arricchiva con un traffico basato fra Milano e l’hinterland di Venezia.
I giudici hanno ritenuto la testimonianza principale, quella della minorenne, credibile perché "trova ampio riscontro in elementi accertati dagli investigatori". La minorenne viveva in una "condizione di segregazione e controllo" e, all’arrivo in Italia, due donne le erano state affiancate per un "periodo di “tirocinio professionale“" terminato il quale è stata avviata alla prostituzione e costretta a consegnare a Stefanov i guadagni.
"La giovane era in fuga da una condizione esistenziale drammatica – scrivono i giudici della Corte d’Appello –. Priva di reddito, senza famiglia, era la vittima perfetta dei traffici illeciti che portano giovani prede dai Paesi balcanici a esercitare la prostituzione in Italia". La Corte d’Appello ha condannato l’uomo anche sulla base della denuncia di un’altra donna, originaria della Nigeria. Il bulgaro la sfruttava "controllandone l’esercizio, prescrivendole orari e ricordandole le tariffe da esigere ai clienti", sottoponendola a "percosse" e violenze. Nonostante l’estradizione, il capitolo non è chiuso. Si aprirà infatti un nuovo round davanti al Tribunale di Sorveglianza. Il bulgaro, difeso dagli avvocati Alexandro Maria Tirelli e Federica Tartara, ha chiesto il differimento dell’esecuzione della pena mettendo sul tavolo una perizia effettuata in Bulgaria che certificherebbe un "grave disturbo psicotivo" e "postumi da infezione Covid" che a suo dire lo renderebbero incompatibile con il carcere.