Milano – Rischia di naufragare il progetto della Bottega delle donne del Giambellino, dopo due anni di proposte, di prove e di esperimenti nel quartiere. Un progetto sociale di “ricucitura“ che aveva coinvolto anche donne straniere, favorendo un percorso di inserimento sociale. Nato subito dopo il Covid come gruppo informale di donne legate al quartiere Giambellino dalla vita e dal lavoro e legate tra loro dalla passione per la creatività manuale, promosso dal progetto di quartiere QUBI’, ha portato “a riconoscerci in un’idea di produzione di oggetti, prevalentemente in stoffa, interamente realizzati a mano”, spiega Nicoletta Ronchi, portavoce del gruppo, affiancata da Maria e Vicktoria.
“La Bottega è soprattutto un progetto dal valore sociale, non è un’attività imprenditoriale nel senso comune del termine”. I risultati sono stati concreti, con la realizzazione di borse ricamate a mano, che riproducono il quartiere, astucci e perfino magliette con il logo “I love Giambellino”. Pezzi unici, originali che vengono messi in vendita e il ricavato viene in parte reinvestito per acquistare dei materiali e in parte ridistribuito fra chi ha lavorato. Il quartiere, ricorda ancora Nicoletta, “ha accolto bene questa iniziativa ma ora abbiamo bisogno di un sostegno per proseguire. Siamo in cerca di partecipanti al progetto, di una sede, anche se itinerante. La parola d’ordine è fare rete, contaminazione, c’è tanta creatività nascosta nel quartiere e anche molta solitudine fra donne e anziani”.
Da qui l’appello lanciato alle istituzioni (Fondazione Cologni Mestieri d’arte?), musei (Mudec?) e perchè no, esteso anche a designer e stilisti (siamo pur sempre la città della moda e del design) affinchè ci sia un sostegno per questo tipo di attività che in questi anni “ha avuto il merito di raccontare il quartiere Giambellino in modo allegro e colorato, come ci hanno insegnato le donne che abbiamo incontrato”. C’è anche un problema di reperimento delle materie prime, stoffe e filo in primis. “Vogliamo che il “Made in Giambellino” diventi una nuova tappa della storia di questo quartiere unico a Milano, nella speranza mantenga la sua peculiarità positiva di quartiere popolare ricco di diversità evitando la gentifricazione e le sigle un po’ vuote come “NoLo” o “GiaLo”.
E poi potrebbe essere uno spunto per realizzare gadget in tutti i quartieri di Milano”. Finora la Bottega ha venduto quasi tutte le creazioni anche se lo scoglio resta il prezzo ritenuto troppo alto. “Invece va riconosciuto il lavoro artigianale, il riconoscimento economico contribuisce a dare valore alle donne che ci hanno messo tempo e cura”, aggiunge Nicoletta. “Realizziamo piccole collezioni che richiedono lunghi tempi di lavorazione. La Bottega offre diversi livelli di prezzi, in base al lavoro impiegato per ciascun manufatto. Cerca di proporre prodotti adatti a tutte le tasche, pur tenendo in considerazione il fatto che si tratta di creazioni artigianali che necessitano di tanto tempo e di tanta perizia. La percezione di un prezzo ritenuto alto a volte è determinata dall’abitudine a credere che il lavoro artigianale, proprio perché fatto a mano, abbia poco valore”. Su un cosa il gruppo (che via via ha perso alcune artigiane) non transige: sul valore prettamente sociale di questa iniziativa. “Ci rivolgiamo alla componente femminile, spesso “invisibile”, di un quartiere periferico e dalle dinamiche complesse”. Che cerca nell’orgoglio femminile e nella sua storia un riscatto reale. Nel segno dell’integrazione delle varie anime del quartiere.