REDAZIONE MILANO

Processo ai brigatisti rossi per l’omicidio del carabiniere dopo il sequestro Gancia. Il pm: “Azzolini colpevole: abbiamo trovato le impronte”

Giovanni D’Alfonso ucciso nel 1975 a Cascina Spiotta ad Alessandria. Alla sbarra i capi Renato Curcio, Mario Moretti e il militante Lauro Azzolini

Renato Curcio, Lauro Azzolini e Mario Moretti accusati dell'omicidio del 1975 a Cascina Spiotta

Renato Curcio, Lauro Azzolini e Mario Moretti accusati dell'omicidio del 1975 a Cascina Spiotta

È cominciato oggi nel palazzo di giustizia di Alessandria il processo a tre ex brigatisti rossi per lo scontro a fuoco alla Cascina Spiotta di Melazzo del 5 giugno 1975. Al vaglio della Corte di Assise è stata portata la morte di un carabiniere, Giovanni D'Alfonso, della quale sono stati chiamati a rispondere, a vario titolo, due capi storici dell'organizzazione, Renato Curcio e Mario Moretti, 84 e 79 anni, e il militante Lauro Azzolini, 79 anni. Nessuno di loro era presente in aula. Fra i presenti Bruno D'Alfonso, figlio di Giovanni, che nel dicembre del 2021 fece riaprire l'indagine con un esposto cui era allegato un libro, "L'invisibile", scritto dai

giornalisti Simona Folegnani e Bernardo Lupacchini, dedicato alla vicenda. 

Le impronte di Azzolini

“Noi abbiamo trovato le impronte digitali di Lauro Azzolini. E già quelle, a nostro avviso, sono una prova della sua colpevolezza". Ha detto in corte di assise il pubblico ministero Emilio Gatti, che insieme al collega Ciro Santoriello sostiene l'accusa. Il magistrato ha fatto riferimento alla relazione, redatta in forma anonima, con cui un militante della Br ricostruì le varie fasi della vicenda come se fosse stato presente sul posto. Il documento fu trovato dai carabinieri il 18 gennaio 1976 in un covo a Milano. Nel 2021 il figlio del carabiniere rimasto ucciso alla Cascina Spiotta, Bruno D'Alfonso, presentò un esposto alla Dda di Torino suggerendo, fra l'altro, di sottoporre ad analisi scientifiche la relazione nella sua versione originale, dato che nei primi processi ci si era limitati ad acquisirne solo una copia. I pubblici ministeri recuperarono l'incartamento negli archivi dell'Arma a Milano e nel 2023 lo affidarono al Ris.

L’esito

Il pm Gatti ha sottolineato che sono state trovate 18 impronte, 11 delle quali riconducibili ad Azzolini. L'anonimo estensore del documento si servì di una macchina per scrivere, ma realizzò anche alcuni disegni a mano: sarebbero quindi rimaste le tracce di una parte di una mano. 

Il sequestro Gancia

Lo scontro a fuoco fu l’epilogo del sequestro da parte delle Br dell’imprenditore Vittorio Vallarino Gancia, imprenditore “re degli spumanti” e a lungo presidente dell'Unione italiana Vini. Fu il primo rapimento a scopo di estorsione delle Brigate Rosse. La richiesta: un miliardo di lire. Il commando prelevò l'industriale sulla strada tra Canelli e Acqui Terme, non lontano dalla sua abitazione. Un sequestro lampo: Gancia fu liberato 24 ore dopo, al termine dello scontro armato con i carabinieri, alla Cascina Spiotta di Melazzo. Oltre all’appuntato Giovanni D’Alfonso, perde la vita la brigatista Margherita Cagol, moglie di Renato Curcio. 

Prossima udienza

La Corte di Assise di Alessandria ha respinto le prime eccezioni di nullità presentate da uno degli avvocati difensori, Davide Steccanella. La prossima udienza, che sarà dedicata alla discussione di altre questioni preliminari, è in programma l'11 marzo.