SIMONA BALLATORE
Cronaca

Il progetto pilota a Milano, con l’’intelligenza artificiale si può prevenire il bullismo in chat e proteggere le potenziali vittime

Il 70% dei ragazzi non sa riconoscere quando è a rischio di attacchi da parte di cyberbulli. Primo test all’istituto Zaccaria: da gennaio saranno coinvolte altre tre scuole

Gian Piero Turchi, responsabile scientifico del progetto, e Ivano Zoppi

Gian Piero Turchi, responsabile scientifico del progetto, e Ivano Zoppi

Milano, 21 dicembre 2024 – Prevenire il bullismo online, nelle chat di classe, utilizzando l’intelligenza artificiale. La sperimentazione è già in corso: è stata avviata all’istituto superiore Zaccaria di Milano dall’università di Padova e da Fondazione Carolina, con il contributo di Fondazione Tim. Sei le classi coinvolte, con 97 alunni in tutto. Il progetto si chiama “NetGuardianChat“ e si basa su una piattaforma di messaggistica e su un’applicazione “NetGuardianAnalysis“ dedicata ai docenti che da lì ricevono “alert“ e possono essere consapevoli del grado di esposizione al rischio di cyberbullismo dei propri studenti, senza violarne la privacy. Sotto la lente non ci sono infatti né contenuti, né mittenti o destinatari.

La Fondazione Carolina

Ma è il “modo” con cui si scrive a essere analizzato dall’AI addestrata dal Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata dell’Università degli Studi di Padova. “In questi anni abbiamo cercato di diffondere tanta conoscenza sul cyberbullismo e sui rischi della rete con Fondazione Carolina – ricorda il segretario Ivano Zoppi –: ora vogliamo dare uno strumento utile per intervenire non a fatti avvenuti, rincorrendo la cronaca, ma per prevenirli, anticipando i tempi. A livello politico vediamo soprattutto una corsa alla ricerca di regole e divieti, ma siamo fuori tempo massimo. A 13 anni i ragazzi vanno guidati e accompagnati, va creata consapevolezza. Questo strumento vuole essere un “termometro“ per capire come sta la classe e se ci sono rischi, e lavorare sul gruppo”. Come è stato testato all’istituto Zaccaria, da ottobre a dicembre.

Il test pilota

Durante la sessione sperimentale, si è chiesto al gruppo classe di registrarsi nell’applicativo NetGuardianChat e di iniziare a interagire con uno sperimentatore virtuale attraverso messaggi in chat. Per ogni sessione lo sperimentatore, in anonimato, è intervenuto nella conversazione con dei messaggi costruiti sulla base dei “Repertori discorsivi sentinella“, per mantenere il grado di esposizione al rischio di cyberbullismo su una certa soglia. La conversazione via chat è durata mezz’ora e al termine si è chiesto agli alunni di spiegare cosa fosse accaduto e di valutare il grado di esposizione al cyberbullismo. Colpisce in particolare un dato: il 70% degli studenti non sa riconoscere quando è a rischio di esposizione al cyberbullismo. “E anche il 36% degli studenti che si è trovato in una chat con medio-alta o massima esposizione al rischio, ha descritto quanto avvenuto come un’interazione “tranquilla, scherzosa e/o divertente””. Si tende a minimizzare, a banalizzare. Durante la sperimentazione si è chiesto agli studenti anche a chi si rivolgerebbero qualora si trovassero in una chat ad “alto rischio” di cyberbullismo: “Il 72% riferisce che lo riferirebbe a dei ruoli precisi, ossia: genitori o parenti, adulti di riferimento, professori, forze dell’ordine, amici”.

La questione delle chat

“Questi dati ci dicono che i minori tendenzialmente sanno di poter coinvolgere dei ruoli di supporto in caso di cyberbullismo, ma non sono in grado di osservare indicatori di cyberbullismo in una chat, tali da richiedere l’intervento”, sottolinea il professore Gian Piero Turchi, responsabile scientifico del progetto. Che continua: da gennaio a marzo saranno coinvolti studenti e docenti di altre quattro scuole superiori di Milano, poi ci sarà la restituzione finale. Con l’obiettivo di diffondere questa app su larga scala, tra le scuole, magari integrandola a strumenti già esistenti come Classroom, del Ministero. 

La punta dell'iceberg

“Gli insegnanti oltre a ricevere alert possono vedere in tempo reale, man mano che si scrive online, dove sta andando la classe e gestire in anticipo l’esposizione al rischio. Non serve impedire e vietare, va gestito il processo – conclude Turchi –. In questo modo potremmo anche fare emergere realmente il fenomeno del cyberbullismo, che per il 90% è ancora sommerso. È interessante il fatto che il supporto tecnologico venga usato per gestire se stesso, a maggior ragione in un quadro dove i ragazzi, come abbiamo visto, non riescono spesso a cogliere quello che sta succedendo. Serve uno strumento intelligente”. Un arbitro. “Anche il giocatore che vince a scacchi è quello che anticipa le mosse altrui”.