
Lavoro e dignità
Milano - Le trattative si giocano sul filo delle percentuali, freddi numeri che si traducono in soldi nelle buste paghe dei dipendenti dell’Università Cattolica. Il punto di rottura, lo scorso 22 febbraio, è stato una controproposta dell’ateneo che veniva incontro alle richieste dei sindacati sull’aumento complessivo per la parte tabellare con una “concessione“ del +0,052% nel triennio di differenza rispetto alla piattaforma iniziale presentata dall’amministrazione. Tradotto, meno di un euro netto al mese in più - sempre rispetto a quanto aveva messo sul tavolo in principio la Cattolica – per ogni lavoratore dallo stipendio medio di 37mila euro lordi all’anno, in uno scenario di inflazione galoppante e costo della vita alle stelle. La proposta “migliorativa“ di un euro, meno del costo di un caffè, è stata rispedita al mittente. E ha innescato una mobilitazione, inedita almeno negli ultimi anni, fra i dipendenti delle sedi dell’università di Milano, Piacenza e Brescia.
Lo scorso 2 marzo si è riunita l’assemblea generale dei «lavoratori di Università Cattolica del Sacro Cuore ed Educatt-Sedi Padane» che ha approvato con 214 voti favorevoli, un astenuto e zero contrari una mozione che «condanna fermamente» la «chiusura al dialogo» da parte dell’amministrazione e segna l’apertura dello stato di agitazione. Si è dato quindi mandato ai sindacati per attuare «successive forme di mobilitazione, dal volantinaggio fino all’indizione di uno sciopero» dei dipendenti della prestigiosa università privata di ispirazione cattolica fondata quando correva l’anno 1921, che conta dodici facoltà e sette alte scuole nel cuore di Milano e nelle altre sedi. Al centro delle protesta anche il tema dello smart working, con la proposta avanzata dai dipendenti di un giorno a settimana «incrementabile fino a sette giorni al mese» e «l’eliminazione del divieto di smart working per le categorie di lavoratori che devono interagire a distanza con l’utenza». I sindacati hanno messo anche sul tavolo numeri che, a fronte delle «misere concessioni» sul fronte stipendi, dipingono una realtà dai bilanci solidi e dalla situazione economica florida.
In sei anni 18.547.489 euro di utile accumulato, le immatricolazioni cresciute del 30% nell’arco di sette anni. Finanziamenti statali di 34.330.439 euro nel 2021, cresciuti del 46,52% rispetto al 2020, e «17mila ore in meno di straordinari nel 2020, pari a 340mila euro di risparmio». Solo questo risparmio, secondo i sindacati, basterebbe per ripagare «un aumento dell’1%». Una mozione che è un atto forte, segnale di un clima teso.
Intanto le trattative fra sindacati e amministrazione dell’ateneo sono proseguite. L’ultimo incontro, lo scorso 24 marzo, si è però concluso con una fumata nera nonostante alcuni passi avanti. Le divergenze sono messe nero su bianco nel resoconto che i sindacati Flc-Cgil, Cisl Federazione Università, il Saur e Anief hanno diffuso fra i colleghi. La nuova proposta di aumento di paga base e contingenza è stata definita «non sufficiente, a fronte dell’impennata del costo della vita che si sta registrando in questi mesi: a febbraio 2022 l’inflazione è pari al +6,2%».
I sindacati hanno messo sul tavolo una controproposta, inserendo anche una clausola di salvaguardia che scatterebbe nel caso di ulteriori aumenti dell’inflazione. «Abbiamo chiesto all’amministrazione di calendarizzare un nuovo incontro con estrema urgenza – si legge nella comunicazione sindacale – perché è necessario dare al più presto una risposta concreta alle famiglie dei lavoratori che affrontano un costo della vita enormemente crescente». Si tornerà quindi a trattare sulle percentuali, cercando di evitare una rottura che potrebbe sfociare nello sciopero, mentre sull’altro capitolo è arrivata la proroga nazionale fino al 30 giugno dello “smart working d’emergenza“ in vigore da quando è scoppiata la pandemia. «Sullo smart working c’è la disponibilità a sottoscrivere un regolamento ad hoc – fa sapere la Cattolica – che si inserisce nella trattativa più ampia ancora in corso. Nel frattempo, l’Università Cattolica si attiene alle regole stabilite dal Governo».