REDAZIONE MILANO

Cancro della prostata, nuove speranze di guarigione grazie a Olaparib la terapia orale sviluppata con l’Istituto dei tumori

L’Agenzia italiana del farmaco ha approvato la rimborsabilità della terapia che associata ai protocolli ormonali riduce sia il rischio di morte sia quello di progressione delle metastasi

La ricerca e la prevenzione attraverso screening regolari (come un'ecografia) sono di fondamentale importanza per la prevenzione dei tumori

La ricerca e la prevenzione attraverso screening regolari (come un'ecografia) sono di fondamentale importanza per la prevenzione dei tumori

Milano, 28 gennaio 2025 – L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di Olaparib, una innovativa terapia orale, in associazione con abiraterone e prednisone o prednisolone, per il trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma della prostata metastatico e resistente alla castrazione, e con mutazioni germinali e/o somatiche in cui la chemioterapia non è clinicamente indicata. Nello studio, che col coordinamento dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, ha preso in esame un campione di pazienti, la terapia Olaparib – terapia mirata capostipite – in associazione con una terapia ormonale di nuova generazione (l’Abiraterone), ha ridotto del 71% il rischio di morte e il rischio di progressione della malattia del 34%. 

I sintomi da non sottovalutare

La sopravvivenza a 5 anni, con questa nuova terapia, raggiunge il 91%. "Un dato notevole, se si considera l'età avanzata dei pazienti e la frequente presenza di altre patologie croniche – sottolinea Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e dell'Oncologia medica genitourinaria alla Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di  Milano –. I sintomi, però, sono spesso sottovalutati, portando alla scoperta della malattia in fase avanzata. Circa il 10-20% degli uomini con carcinoma della prostata avanzato sviluppa la forma resistente alla castrazione entro 5 anni e oltre l'80% presenta metastasi alla diagnosi di Crpc. Questa condizione, che fino a oggi ha presentato come standard di cura la terapia ormonale o la chemioterapia, resta associata a un tasso di mortalità significativo e a una sopravvivenza limitata. Da qui la necessità di nuove opzioni terapeutiche".

Il professor Giuseppe Procopio dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano
Il professor Giuseppe Procopio dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano

Dati preoccupanti

Nel 2024, in Italia, sono stati stimati circa 40.190 nuovi casi di carcinoma prostatico, il più frequente negli uomini. "È determinato dalla crescita incontrollata di cellule all’interno della prostata – spiega Orazio Caffo, direttore Oncologia all’ospedale Santa Chiara di Trento –. L’organo, che fa parte dell’apparato genitale maschile, normalmente è grande come una noce. Con l’età e l’insorgenza di alcune patologie può raggiungere le dimensioni di un mandarino, a causa di infiammazioni croniche o processi degenerativi. L’età media, al momento della diagnosi, è di circa 70 anni e si sviluppa più frequentemente a partire dai 50”.

Come per molte altre patologie, lo  sport praticato con costanza riduce il rischio di tumore alla prostata
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Quando preoccuparsi

Questa forma di cancro non ha sintomi specifici e quelli riscontrabili sono gli stessi che caratterizzano altre patologie non correlate al tumore che comportano l’ingrossamento della prostata, ad esempio indebolimento del getto delle urine, frequente necessità di urinare, dolore alla minzione e presenza di sangue nelle urine o nel liquido seminale. I sintomi compaiono solo se il tumore è abbastanza voluminoso da esercitare pressione sull’uretra, ma sono difficilmente riconoscibili quando è di piccole dimensioni. Va ricordato che, in circa il 10% dei pazienti, la malattia si sviluppa su base ereditaria. La presenza di mutazioni nei geni di riparazione del Dna, in particolare di Brca1 e Brca2, espone infatti gli uomini a un rischio maggiore di sviluppare il carcinoma prostatico. "La sopravvivenza globale mediana ha raggiunto 42,1 mesi rispetto a 34,7 mesi, con un vantaggio di 7,4 mesi – continua Caffo –. È la sopravvivenza globale mediana più lunga raggiunta finora nel trattamento di prima linea della malattia metastatica resistente alla castrazione, indipendentemente dal profilo mutazionale”.