Milano, 23 agosto 2024 – La ratio è presto detta: evitare che le riasfaltature si sfarinino in pochi giorni, creando voragini fastidiosissime ed estremamente pericolose per ciclisti e automobilisti. Per anni, però, le norme che hanno dato una stretta ai lavori post cantieri stradali sono rimaste sub iudice, intrappolate in un ginepraio di ricorsi e controricorsi.
Qualche giorno fa, il Consiglio di Stato ha dato una risposta definitiva, chiudendo a favore del Comune il contenzioso con Unareti spa, la società del gruppo A2a con più di 1.500 dipendenti che gestisce la distribuzione di energia elettrica e gas all’ombra della Madonnina e che è quotidianamente impegnata con i suoi operai in “riparazioni, implementazioni, guasti, fughe di gas” e altri interventi che comportano scavi nel sottosuolo. Tradotto: i giudici hanno dato il via libera alle regole più stringenti, che prevedono l’utilizzo di più asfalto e “una maggiore dimensione dell’area di ripristino a completamento delle manomissioni”. Chiarissimo l’obiettivo: “Dare maggiore resistenza alla platea stradale, favorendo la sicurezza degli utenti”.
La vicenda parte il 31 maggio 2017, quando una determina dirigenziale di Palazzo Marino – con allegato denominato “Ripristini a seguito di manomissioni per interventi sui sottoservizi in sede stradale” – stabilisce “la disciplina degli interventi di ripristino della pavimentazione a seguito di realizzazioni di sottoservizi”, definendo “le prescrizioni tecniche per la lavorazione da eseguire e le modalità esecutive per fornire l’opera finita in ogni sua parte e a regola d’arte rispetto ai relativi obblighi e penali”. Il provvedimento aggiorna anche le specifiche tecniche connesse al listino prezzi, “sul presupposto che le vecchie specifiche del 2005 risultavano in molti punti in contrasto con i nuovi materiali e tecnologie”. Una misura contestata con un ricorso al Tar da Unareti, A2a Calore&Servizi e A2a Illuminazione Pubblica. Nel mirino ci sono prescrizioni definite “immotivate, irrazionali e maggiormente gravose per gli operatori, a causa di un significativo incremento dei costi nello svolgimento quotidiano della propria attività”.
Nel 2019, il Tribunale amministrativo dà ragione ad A2a e annulla l’atto: “Emerge che la determinazione dirigenziale in questione stabilisce un insieme di prescrizioni che in gran parte andrebbero collocate nel regolamento per l’uso del sottosuolo, non ancora adottato dal Comune”, si legge nelle motivazioni. Palazzo Marino impugna il verdetto, ma nel febbraio 2024 il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado con le medesime motivazioni. E adesso? Dopo il pronunciamento del Tar del 2019, l’amministrazione, in attesa dell’appello, ha continuato a inserire le regole del 2017 nelle singole concessioni per i lavori stradali (più di 200 solo nella seconda metà del 2019).
Quindi, i legali di Unareti si sono nuovamente rivolti ai giudici per chiedere il rispetto del verdetto e l’annullamento degli atti contestati: in primo grado hanno avuto ragione, ma lo scorso 6 agosto il Consiglio di Stato ha ribaltato tutto, in apparente contraddizione con quanto stabilito non più tardi di sei mesi fa. Il motivo? Per il collegio presieduto da Diego Sabatino, è vero che la determina del 2017 non è più valida, ma è altrettanto vero che quelle regole sono state “fatte proprio” dalla Giunta regionale con una delibera datata 28 dicembre 2018. In sintesi: Palazzo Lombardia è “nella sostanza intervenuto, stante l’inerzia del Comune di Milano, in via di sussidiarietà e comunque previo coinvolgimento” dello stesso Comune. Conclusione: tutti gli atti di Palazzo Marino sono stati dichiarati legittimi.