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Il caporalato scopre internet: a Milano il 60% dei lavoratori sfruttati è reclutato sui social media

La denuncia della Filca Cisl sul mondo dell’edilizia: “Il vecchio furgoncino che all’alba raccoglieva gli operai? Roba superata. Gli sfruttatori costruiscono reti che legano amici, parenti e conoscenti”

Lo scopo è sempre lo stesso: utilizzare chi è senza tutele per lavorare nei cantieri edili abusivi

Lo scopo è sempre lo stesso: utilizzare chi è senza tutele per lavorare nei cantieri edili abusivi

A Milano il 60 per cento dei lavoratori editi sfruttati dai “caporali” sono reclutati attraverso i social media come Facebook e Whatsapp. Il caporalato, cioè il fenomeno che si serve di intermediari informali per reperire manodopera a basso costo e senza tutele, utilizza internet per tessere una rete di complicità che lega amici, parenti e conoscenti, spesso connazionali (basti pensare che sette operai su nove di nuovo ingresso sono egiziani). Lo scopo è sempre lo stesso: utilizzarli per lavorare nei cantieri edili abusivi.

A denunciare queste nuove forme di caporalato è Alem Gracic, segretario generale della Filca Cisl Milano: “Il vecchio furgoncino che all'alba raccoglieva gli operai? Roba superata”, dice Gracic. “Oggi, il caporale è un collega normale. Recluta attraverso i social network e crea una rete di complicità tra amici e parenti. Non è solo manodopera quella che gestisce, ma un codice di silenzio e debiti. Un debito non saldato è più facile andarlo a riscuotere da una persona che conosci”.

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Non solo: oltre che tenersi la percentuale sulla “transazione”, spesso riescono a manipolare e inventarsi scuse per riprendersi quel poco che ha dato: 'Hai ricevuto troppo, restituisci la differenza'; 'Non avevi diritto a quel premio, riportalo al padrone'. E la maggior parte di questi operai, racconta un operatore sindacale, Abouzhara Ahmed, è facile preda: “Alcuni devono ripagare i debiti del viaggio per arrivare in Italia; altri non parlano la lingua; e quasi nessuno conosce i propri diritti. Vogliono solo essere pagati, fine”.

“Le grandi imprese edili – dice Kirolos Mina Khamis, sindacalista – si sono ritirate su posizioni di comodo. Non gestiscono più direttamente la manodopera, ma delegano questo compito a subappaltatori, imprese vuote che non hanno magazzini, strutture, progetti: hanno solo lavoratori da mettere a disposizione. L’obiettivo, dice Gracic, “non è solo abbassare il costo del lavoro, ma evitare le rogne della gestione diretta: dove trovare i lavoratori, come formarli, in che modo amministrarli nei cantieri. Un gioco al ribasso, che lascia nelle mani di pochi il destino di molti”.