MIlano - È probabile che anche l’ultima vicenda di suicidio assistito rimanga ai magistrati milanesi. Nei giorni scorsi in Procura è stato sentito il marito di Elena Altamira - la 69enne veneta malata oncologica senza speranze che si è tolta la vita in Svizzera - perché raccontasse a verbale la dinamica della vicenda. Dopo l’autodenuncia di Marco Cappato di aver accompagnato la donna nella clinica elvetica, l’esponente radicale è infatti indagato per aiuto al suicidio, ma il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano deve decidere se trasmettere ad un’altra procura gli atti del procedimento oppure trattenerli a Milano.
E sembrerebbe quest’ultima la soluzione più vicina, sia pur nella possibile diversa lettura della norma del codice che stabilisce dove si sia “consumato“ il reato per cui si procede. In Veneto se il momento è quello in cui Cappato ha prelevato da casa la donna per farla salire nella sua macchina. Alla dogana con la Svizzera, se si sceglie come momento “decisivo“ l’ultima località italiana prima dell’espatrio. Competenza milanese, infine, se prevale il criterio dell’istante in cui l’aiuto al suicidio è stato “ideato“ o se prevale il criterio della residenza dell’indagato.
Alternative sulle quali a decidere sarà il pm Siciliano, che a suo tempo sostenne l’accusa contro Cappato per l’aiuto dato al “dj Fabo“ Fabiano Antoniani (cieco e tetraplegico) chiedendo però l’assoluzione e prima ancora l’archiviazione del caso. È possibile, quindi, che la soluzione sia quella di tenere il fascicolo in procura. Prima, comunque, per il magistrato era in ogni caso necessario acquisire la testimonianza del marito di Elena per una più completa ricostruzione dei fatti.
E l’uomo, sentito nei giorni scorsi, non ha potuto che confermare la dinamica della vicenda come descritta nella sua auto-denuncia da Cappato, che rischia una condanna fino a 12 anni di reclusione, perché nel caso di Elena mancava una delle condizioni indicate dalla Corte costituzionale affinché l’aiuto al suicidio non sia reato. A differenza di dj Fabo, lei non era collegata ad alcun macchinario da cui dipendesse la sua permanenza in vita.