Enrico
Beruschi
Cara influenza eri aspettata, sperando di non cadere nella banalità della solita pandemia, che ci opprime da tanto, troppo tempo. Settimana scorsa mi sono impegnato un po’ troppo, probabilmente il fisico non ha più 40 anni, me ne devo rendere conto, anche se ne farei volentieri a meno. Un anno fa ero felice di compiere 20 anni per la quarta volta, mi sentivo un ragazzo: questo anno in più ha rovinato tutto. La mia, la nostra vita, è segnata dall’influenza: la prima che ricordo bene era nella primavera del ’48, frequentavo la prima elementare e mi ha bloccato a letto per un bel mesetto; doppio vantaggio, tornando a scuola sono riuscito a dimostrare di aver tenuto il passo per essere promosso, ma, soprattutto, la mia mamma mi consolava spiegando e cantando La Bohème, guardando gli abbaini della casa di fronte. Nei vasi sbocciavano i fiori ed io pensavo a Mimì, anche se ho avuto una innata simpatia per Musetta, un po’ più intraprendente e sbarazzina. Mi sono appassionato alla musica lirica da subito, per le ragazze ho aspettato qualche anno: son due passioni che mi sono rimaste. Pochi giorni fa ero alla Scala per una conferenza e, nella mia distrazione, ho letto la mia età al contrario: mi sono trovato nei panni immaginari di un diciottenne. Ho volato con la fantasia, poi, vedendo i coetanei con capelli e barbe bianche, mi sono guardato in un grande specchio e mi sono reso conto che l’8 viene prima dell’1. Consolazione: ho l’influenza, ma una gran voglia di ripartire. Oggi hanno detto che siamo a letto in 2 milioni e mezzo: una bella compagnia.