Milano, 3 settembre 2019 - Diciotto carceri. Una capienza regolamentare stabilita per decreto dal ministero della Giustizia di 6.199 detenuti ma una popolazione effettiva costantemente superiore. L’ultimo censimento ufficiale ha contato 8.472 reclusi (1.306 già condannati ma non in via definitiva e 1.098 ancora in attesa del primo grado di giudizio). Quasi la metà (3.651) sono stranieri. Confermando la Lombardia come la regione d’Italia con il maggior numero di detenuti davanti alla Campania (7.606), al Lazio (6.483) e alla Sicilia (6.396). In un clima altamente esplosivo. Che ormai quasi quotidianamente consegna alle cronache aggressioni, gesti di autolesionismo e risse. Che, spesso, nascono da scontri fra etnie e di religione.
«Si lavora in una polveriera», denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria). I numeri, a livello nazionale, non mentono: nei primi sei mesi del 2019 sono stati messi a referto 5.205 atti di autolesionismo, 683 tentati suicidi, 4.389 colluttazioni, 569 ferimenti, 2 tentati omicidi. I decessi per cause naturali sono stati 49 e i suicidi 22. Mentre le evasioni sono state 5 da istituto, 23 da permessi premio, 6 da lavoro all’esterno, 10 da semilibertà, 18 da licenze concesse a internati. «LA COSA grave è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica e il regime penitenziario ‘aperto’ - sottolinea Capece -. Il 95% dei detenuti sta fuori dalle celle tra le 8 e le 10 ore al giorno ma non tutti sono impegnati in attività lavorative. E il risultato sono episodi come l’aggressione avvenuta sabato nel carcere modello di Bollate». Una rissa tra quattro detenuti romeni ubriachi. Sì, ubriachi. In cella possono avere un quarto di vino al giorno, per lo più per cucinare. Ma molti non lo usano e se lo passano. E in assenza, fanno macerare per giorni la frutta e ne tirano fuori alcol.
«Se ci fossero più agenti potremmo aumentare i controlli – continua Alfonso Greco, segretario regionale del Sappe -. In Lombardia siamo 4.500, ne servirebbero altri 1.400 (4mila la carenza a livello nazionale). E quelli in servizio non sono tutti operativi nelle sezioni detentive perché occorre tamponare i posti scoperti anche negli uffici». Di fatto, soltanto un terzo garantisce il servizio 24 ore su 24 a contatto con i detenuti: «Personale costretto anche a 10 ore di servizio continuato, con un sovraccarico di stress estremamente pericoloso».Il fatto è che «ormai il carcere è diventato un contenitore in cui rinchiudere tutti – sbotta Capece -, e lo Stato sembra aver dimenticato il rispetto verso la polizia penitenziaria». Altrimenti «investirebbe di più in tecnologia e in personale».