
Carlo Pignatelli
Milano, 18 settembre 2016 - «Milano è un passe-partout». Una chiave che apre tutte le serrature e che spalanca le porte soprattutto a chi fa della moda e della sartoria la sua vita. Come Carlo Pignatelli, che ha preso in mano ago e filo a 14 anni e non li ha abbandonati più. Nato in Puglia, ha creato il suo atelier a Torino ma Milano è la sua seconda «casa», la casa della moda, delle sfilate e delle amicizie.
Il suo debutto in città?
«Nel 2003. Sbarcai a Milano con una collezione improvvisata, a dire il vero. Ma eravamo consapevoli che qui gli abiti sarebbero stati visti dal mondo intero e non solo dai miei clienti torinesi. Da allora sono passati tempi, mode, collezioni, sfilate, showroom, negozi e contatti. Prima ero già stato in città per agenzie e shooting fotografici ma da quella sfilata in avanti è diventata una tappa fissa, ho trascorso sempre più tempo, ho preso confidenza, costruendo sempre più amicizie».
Quella sfilata ha rappresentato una svolta, quindi?
«Resto legatissimo alla mia città, Torino, ma sicuramente Milano è un passe-partout. E ci sono affezionatissimo. Qui ci sono gli amici, qui c’è il mondo dello spettacolo. Oggi conosco più gente a Milano che a Torino, che per me è il luogo della riflessione, casa e lavoro. Quando sono a Milano esco tanto, partecipo a cene, serate, non potrei trasferirmi qui perché ci sono troppe distrazioni (sorride), anche se un pensierino l’ho anche fatto».
Stava cercando casa?
«Sì. Ma sarebbe stato molto complicato. Così ho preferito un’altra soluzione. Vengo sempre nello stesso albergo di via Messina, ho la stessa suite da anni e non la cambio mai. È il mio pied-à-terre ed è più comodo».
Qual è il suo luogo del cuore milanese?
«Corso Como. Ho visto la zona trasformarsi e cambiare negli anni. Se esco a Milano una passeggiata di giorno e di sera non può mancare. Ho organizzato lì anche i dopo sfilata».
E del quadrilatero della moda cosa pensa?
«Che si svilupperà ancora, ha tutte le potenzialità e forze perché succeda, ha dato a Milano come aspetto e organizzazione un po’ più di internazionalità. È sempre stata internazionale durante le sfilate, ma adesso lo è tutto l’anno».
Spesso per la presentazione di collezioni ed eventi ha optato per Milano.
«Anche a maggio per le mie spose ho scelto Palazzo Turati, un posto incantevole, adatto a quegli abiti e al prodotto sartoriale. Ecco, la mia Milano la immagino così, leggermente barocca, un po’ meno moderna di quanto è diventata oggi. Abbiamo sfilato in tantissime altre location, ricordo quando aprimmo le sfilate di Milano alle 11 di mattino e, nonostante l’orario, ci fu un afflusso di gente incredibile. Penso che la scelta del luogo sia fondamentale».
Se dovesse scegliere un abito per «vestire» la città, su cosa punterebbe?
«Il colore che le si addice di più è il blu scuro. L’eleganza».
Sta per iniziare la Fashion Week. Milano per lei resta la capitale della moda?
«Assolutamente sì, è la capitale. Londra ha fatto passi avanti, Parigi si difende bene. È questo il triumvirato che se la gioca, ma Milano resta Milano».
simona.ballatore@ilgiorno.net