SIMONA BALLATORE
Cronaca

Carriera alias in 5 scuole "Chiamateli col vero nome"

La battaglia delle famiglie. In Italia è realtà in 89 istituti: Milano ancora indietro. Dai pionieri Frisi e Brera al Volta. Regolamento in arrivo anche al Virgilio

di Simona Ballatore

In tutta Italia risulta siano 89 le scuole ad avere applicato la “carriera alias“. A tenere il censimento è Agedo, l’associazione di genitori, parenti e amici di persone Lgbt+. Cinque sono a Milano: l’istituto Frisi ha fatto da apripista, nell’ottobre del 2021, insieme all’artistico Brera, dove sono state 10 le domande approvate. È realtà anche all’Educandato Setti Carraro dopo la richiesta di una famiglia. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato il liceo Volta: la circolare è del 24 maggio, "dopo un lungo percorso di sei mesi", e con maggioranza largamente favorevole, dal 30 maggio "le studentesse e gli studenti che ne fanno richiesta possono essere indicati, nella documentazione interna della scuola, con un nome di propria scelta corrispondente al genere in cui ci si riconosce, diverso da quello biologico". Al liceo Virgilio - il più grande della città - la carriera alias è appena stata approvata in consiglio di istituto, si sta scrivendo il regolamento. La discussione, aperta in altre scuole, fa capolino alle medie.

"Rispetto a Roma, Milano è un po’ indietro – non nasconde Salvatore Mirante, presidente di Agedo Milano –, ma siamo qui per parlarci e diffondere buone pratiche nelle scuole. Prima di tutto per gli studenti, contro il bullismo, contro l’abbandono scolastico e la loro infelicità. Perché il nome rappresenta il modo in cui ci si presenta al mondo, eppure non si riesce a rispettarlo neppure dopo la morte, come dimostrano le storie - da Belluno a Catania - della prof Chloe e del 15enne Sasha, che si sono tolti la vita". A loro è stato dedicato “Il mio vero nome“, convegno che ha riunito famiglie e mondo della scuola ieri all’Acquario di Milano. C’è Giulia Leone a portare la sua testimonianza di mamma, tra le prime a impegnarsi a Milano con Agedo nell’accoglienza e nel sostegno alle famiglie, tramite gruppi di auto-mutuo aiuto. "Mio figlio ora ha 30 anni ed era andato in Spagna, dove già anni fa erano più avanti sul tema dei diritti e della transizione – racconta –, adesso se ne parla di più, anche con adolescenti e bambini. Che chiedono un riconoscimento della loro identità per uscire allo scoperto e lasciarsi alle spalle a volte una vita sofferta". A raccontare il percorso del figlio transgender verso la serenità è Annamaria Fisichella, che ha chiesto e ottenuto la carriera alias per il figlio minorenne, Alessandro, con insegnanti e compagni pronti a supportarlo. Non sempre la carriera alias ha alle spalle traumi, ma burocrazia sì, a partire dal registro elettronico. "Alcuni presidi chiedono certificati medici per applicare la carriera alias, nonostante l’Oms abbia tolto da anni ogni patologizzazione – continua Giulia Leone –. Non è una moda, come si sente purtroppo dire spesso. Sono i nostri figli: parte del mondo, non di un mondo a parte. Mia figlia a scuola faceva fatica a studiare, adesso è un professore universitario".