
Alberto e Michele Scala davanti alla loro struttura
Milano – Quando si dice un restauro filologico. “Si chiamano case igloo? Così abbiamo pensato che l’indicazione per ristrutturarle fosse già nel nome. Del resto sono così particolari e hanno una storia così interessante che era un peccato “tradirle“”.
A parlare è Michele Scala che, insieme al fratello Alberto, ha comprato e poi ristrutturato una delle case igloo della Maggiolina, quelle singolari villette realizzate nel 1946 su progetto dell’altrettanto singolare architetto Mario Cavallè come risposta all’emergenza abitativa del Dopoguerra. I fratelli Scala sono titolari di uno studio dentistico di Melegnano, quanto di più lontano insomma dalla tradizionale idea di designer e architetti. Eppure si sono messi con carta, penna e tanta fantasia a immaginare un perfetto igloo urbano.

“Cercavamo un piccolo investimento immobiliare a Milano - racconta Michele Scala - e ci siamo imbattuti in questo annuncio. La casa era talmente fuori dall’ordinario che ci ha subito incuriosito. Ci siamo documentati sull’affascinante storia di questo mini quartiere di via Lepanto e sul suo originale progettista e ce ne siamo innamorati. Certo, quello che ci siamo poi trovati davanti era in pratica un rudere non abitato da trent’anni, e la richiesta era particolarmente esosa. Però, insomma, trattando sul prezzo e seguendo un po’ quest’idea folle di avere un igloo a Milano, alla fine abbiamo concluso e a marzo di quest’anno abbiamo iniziato i lavori, che sono stati un’altra piccola avventura, conclusasi poche settimane fa. Non è stato facile: da una parte volevamo riportare la casa alla sua forma originaria, dall’altra volevamo vedere realizzata l’idea dell’igloo, con tutti i riferimenti glaciali del caso”.

E così l’esterno è tornato del bianco originale, senza tegole o coperture “aliene“ - “Abbiamo dovuto utilizzare una resina speciale per il tetto, non è stato facile trovarla” - mentre nell’interno è tutto a tema ghiaccio. Tra finti blocchi di neve per il camino, stalattiti, il pavimento che sembra prelevato dalla banchisa polare, un muretto di ghiaccio e oggetti di design che paiono arrivare direttamente dallo stretto di Bering. Ci sono voluti circa nove mesi per mettere insieme questo angolo artico nel nord di Milano. “È stata una follia - dice Alberto Scala - ma il risultato è davvero spettacolare. Tante persone durante i lavori si fermavano a chiedere di poter visitare l’interno. C’è stato anche un turista di Taiwan venuto apposta per scattare delle fotografie. Anche un professore del Politecnico ha voluto farci una visita e ci ha fatto i complimenti per come siamo riusciti a mantenere la struttura originale pur nella trasformazione”.

La mini villetta - 45 metri quadrati disposti su due livelli (piano terra e seminterrato) - nonostante i quasi ottant’anni di vita, aveva “solo“ problemi di infiltrazioni, a livello strutturale era ancora integra: “Abbiamo solo messo due putrelle di rinforzo”. Il progettista che le realizzò nel ’46, Mario Cavallè, era infatti un pioniere del cemento armato (fu anche titolare di diversi brevetti), specializzato nella costruzione di cinema (suo fu l’interno del Dal Verme ricostruito dopo le bombe della seconda guerra mondiale e di altre sale cittadine, ormai cancellate ), che riservò al piccolo villaggio di cupole a ridosso della ferrovia alcune delle sue innovative tecniche costruttive. Che infatti hanno resistito per tutti questi anni.
Permettendo ai fratelli Scala di vedere realizzata la loro casetta di ghiaccio a 15 minuti dal Duomo. La cui destinazione non sarà però abitativa in senso stretto, ma commerciale. Sarà infatti a disposizione dei turisti per gli affitti brevi. “Per tutti quelli che vogliono un soggiorno un po’ diverso dal solito”, sorride Michele Scala.