
di Andrea Gianni
Il Pio Albergo Trivulzio "non è una roccia sulla montagna ma uno scoglio in mezzo al fiume". Un’immagina evocata dall’avvocato Vinicio Nardo per evocare la "permeabilità" della megastruttura dove ogni giorno si registrava il passaggio almeno mille persone, con un interscambio di circa 250 pazienti al mese prima dell’emergenza. L’avvocato Nardo e il virologo Fabrizio Pregliasco, supervisore scientifico del Trivulzio, ieri hanno fornito la loro versione su alcune delle circostanze finite anche al centro di un’inchiesta dei pm milanesi, che vede il direttore Giuseppe Calicchia indagato per epidemia e omicidio colposi. Al Pat, ha spiegato Pregliasco, c’è stato un "adeguamento a disposizioni nazionali e regionali, con tutti i limiti che c’erano" in una situazione di emergenza ed è stata garantita "l’assistenza", facendo il possibile nella lotta contro il virus.
Contagi e decessi
Nelle tre strutture dell’azienda servizi alla persona che comprende la storica “Baggina“, ossia il Trivulzio, l’istituto Principessa Jolanda e il Frisia di Merate, tra gennaio e aprile ci sono stati complessivamente 405 morti, di cui 300 al Trivulzio. Nel quadrimestre gennaio-aprile 2020, rispetto ai valori medi, al Pat "vi è stato un incremento di decessi pari al 61%, passando da 186 decessi medi a 300" in un quadro in cui in Lombardia a marzo "c’è stato un incremento del 185% dei decessi rispetto al valore medio del quinquennio 20152019". Ora è positivo al virus il 34% dei circa 900 ospiti, "molti in ottime condizioni".
Il nodo mascherine
"Al Pat nessuno ha mai detto o messo per iscritto di non usare mascherine per non creare il panico", ha spiegato l’avvocato Nardo. Il legale evidenzia che le Rsa, nelle prime fasi dell’emergenza, sono state "tagliate fuori" dalle forniture di dispositivi di protezione individuali: "Alcune forniture ordinarie sono state dirottate altrove perché c’erano altre priorità".
Le delibere “incriminate“
Il Pat "non è tra le strutture che ha concretamente accettato pazienti Covid" dall’esterno o ha dato la disponibilità ad accettarne. Dopo la delibera dell’8 marzo sono stati accolti 17 pazienti "no covid" arrivati dall’ospedale di Sesto San Giovanni, e 3 da atri ospedali. Tra febbraio e aprile il Pat ha inviato "pazienti nei pronto soccorso, 30 ad aprile e 11 a marzo, e coloro che erano positivi non sono rientrati", ha spiegato Pregliasco riferendosi alla delibera regionale del 30 marzo che invitava le strutture a curare i malati all’interno e a non mandarli nei Ps.
I tamponi
Al Pat i primi mille tamponi sono arrivati solo il 16 aprile. Prima di allora "non c’era la possibilità di una diagnosi certa". I test sierologici ora evidenziano sul personale un 11% di positività a livello della presenza di anticorpi "in linea con altre strutture".