FRANCESCA GRILLO
Cronaca

Cellulare dietro le sbarre, scatta l’indagine nel carcere di Opera

Il giovane detenuto si è giustificato dicendo che lo usava "solo per chiamare familiari". Si indaga per capire se organizzava traffici illeciti

Il carcere (foto d'archivio)

Opera (milano), 10 novembre 2021 - Lo teneva nascosto in bagno, insieme a una sim e a due caricabatterie rudimentali. Le tre batterie del telefono, un dispositivo di quelli vecchi, erano invece occultati all’interno di una radio. La polizia penitenziaria del carcere di Opera ha scoperto il nascondiglio del detenuto dopo una lunga attività investigativa. Gli agenti sono riusciti a ricostruire i contatti del giovane, italiano, le frequentazioni, i collegamenti con altri detenuti e a capire che c’era qualcosa che non andava. Alla base delle operazioni, c’è soprattutto tanta esperienza degli operatori che hanno sequestrato tutto il materiale.

A dare la notizia del ritrovamento di un telefono nascosto nel bagno di una cella del carcere è Alfonso Greco, segretario regionale per la Lombardia del Sindacato autonomo polizia penitenziaria: "Una brillante attività – commenta – che ha consentito di mettere in luce una pesante violazione. Una recente norma, infatti, ha chiarito che in Italia è reato possedere un telefonino all’interno del carcere da parte di un detenuto, mentre in passato questo comportamento era considerato soltanto un illecito disciplinare. L’inasprimento della pena – prosegue Greco – è dato proprio dal crescente flusso di telefoni trovati negli ultimi anni all’interno degli istituti penitenziari. Finalmente viene punito sia chi dall’esterno cerca di introdurre un telefono in carcere, sia il detenuto che lo possiede. Le pene vanno da uno a quattro anni".

Il giovane beccato con il cellulare si è giustificato raccontando di utilizzare il telefono solo per fare qualche chiamata a casa e parlare con la famiglia, ma la versione è al vaglio degli agenti che stanno approfondendo con tutti gli accertamenti. L’ipotesi, infatti, è che il ragazzo utilizzasse il telefono per chiedere il rifornimento di qualcosa, magari sostanze illecite o addirittura droga. Ma per ora rimangono supposizioni che toccherà agli agenti chiarire. Il segretario generale del Sappe Donato Capece ricorda che "la polizia penitenziaria è quotidianamente impegnata nell’attività di contrasto all’introduzione di telefoni cellulari e alla diffusione della droga nei penitenziari per adulti e minori. Nonostante l’inasprimento delle pene, il fenomeno non sembra ancora attenuarsi. Vanno adottate soluzioni drastiche, come la schermatura delle sezioni detentive per rilevare la presenza di telefoni. Inoltre – conclude il segretario del sindacato – è urgente sostenere il personale di polizia penitenziaria che lavora sotto organico e con mille difficoltà all’interno del carcere di Opera".