Milano - Un candidato scelto autonomamente in Lombardia, senza ingerenze romane, e attraverso primarie che siano di coalizione e all’americana, quindi organizzate in più round, uno per ogni provincia. È questa la proposta lanciata ieri dagli autoconvocati del Pd in vista delle elezioni Regionali del 2023, ma non solo: la sfida per Palazzo Lombardia, infatti, viene vissuta come l’occasione per un ripensamento complessivo del partito, un’occasione per aprirlo a istanze civiche che possano allargarne la base elettorale oltre lo steccato degli iscritti. Proposte lanciate ieri dalla Fondazione Feltrinelli, nel corso di “Ricominciamo da capo“, primo evento pubblico degli autoconvocati, sotto uno striscione rosso, privo di simboli di partito e percorso da una scritta a caratteri bianchi: “Per la Lombardia, per l’Italia“.
Un evento promosso dall’assessore comunale Pierfrancesco Maran e al quale hanno partecipato Giuliano Pisapia, Bruno Tabacci (convinto della necessità di una scossa nel Pd ma decisamente tiepido sulla possibilità di candidarsi a governatore e sull’opportunità delle primarie), Lia Quartapelle ed Emanuele Fiano, gli assessori comunali in carica Marco Granelli, Pierfrancesco Majorino, Emmanuel Conte, Martina Riva e Tommaso Sacchi, i consiglieri regionali Pietro Bussolati, Samuele Astuti e Jacopo Scandella, gli ambientalisti Carlo Monguzzi e Francesca Cucchiara ma anche ex assessori della Giunta Pisapia come Ada Lucia De Cesaris e Chiara Bisconti.
La prima oggi è vicina ad Italia Viva, come la parlamentare Lisa Noja, anche lei ieri in viale Pasubio. Secondo indiscrezioni, Maran aveva invitato gli esponenti del Terzo Polo ad intervenire dal palco ma questi avrebbero declinato: una conferma che il cammino verso l’alleanza, la coalizione e le primarie di coalizione è da costruire, sebbene Maran abbia ribadito di voler ripartire, per le Regionali, dalla squadra che governa già in più città, tradotto: Terzo Polo sì, M5S forse. A riprova della volontà di ripartire dalle esperienze locali, la scelta di far salire sul palco Alberto Rossi, eletto sindaco a Seregno nel 2018 dopo 18 anni di destra, e Stefania Bonaldi, ex prima cittadina di Crema, città ancora del centrosinistra.
La prima rivendicazione è interna al Pd: l’autonomia decisionale dalla segreteria nazionale e un modus operandi alternativo al ritualismo dei congressi. "L’elogio del modello Milano da parte di chi sta a Roma significa che chi da anni vince a Milano deve restare a Milano – attacca Maran alludendo alla sua esclusione dalle liste per le Politiche –. In Lombardia possiamo giocarcela: non solo partecipare ma vincere. Ma ce la faremo se nasce qualcosa a Milano, a Varese, a Brescia e non a Roma. Attraverso le primarie. A livello nazionale facciano il congresso secondo i loro riti, noi andremo a Busto Garolfo per vincere le Regionali".
Netto anche Pisapia: "Lasciamo al Pd e a chi governa a Roma le loro riflessioni e le autocritiche, che sono necessarie, ma chiediamo con forza l’autonomia: sulla Lombardia decidiamo noi, non loro che non conoscono le situazioni. I tempi sono stretti ma ci sono ancora tutti, siamo partiti al momento giusto". È Majorino a lanciare l’idea, accolta da Maran, delle primarie all’americana: "Per la Lombardia servono primarie in ogni provincia, sul modello delle primarie americane. Solo così possiamo generare entusiasmo e partecipazione sul territorio e vincere le Regionali".
Quindi il nodo delle alleanze: "Agli amici del Terzo Polo dico: lavoriamo insieme. Ma – ammonisce Majorino – noi non saremo mai quelli che sostengono Letizia Moratti". D’accordo Maran: "Non può essere Moratti la candidata. Subito un comitato di saggi e sindaci per una coalizione larga e popolare per le primarie". Infine l’affondo contro la Lega, prima: "Il loro matrimonio con i lombardi è finito, altro che autonomia e devolution" attaccano Maran e Majorino. E poi contro il presidente della Regione e le divisioni della sua Giunta: "Fontana non ha ancora cacciato la Moratti perché aspetta l’autorizzazione dei partiti: abbiamo messo un impiegato della politica al governo della Regione".
Pronta la replica di Fontana: "Resto basito dalla grave mancanza di rispetto che l’ex enfant prodige del Pd porta nei confronti della degnissima categoria degli impiegati. L’utilizzo di questo termine in segno di spregio per denigrarmi è la sintesi perfetta di come la sinistra e il Pd siano lontani anni luce dalla vita reale e dalla gente comune. Con un’attenzione rivolta solo ai più abbienti, che non hanno il problema di Area B o di arrivare a fine mese. Comprendo il livore verso chi verrà ricandidato alla presidenza della Regione, da parte di un ex rampante talmente considerato dal suo partito al punto di non essere neppure candidato alle elezioni Politiche".