ELVIRA CARELLA
Cronaca

Chef Poli, il gusto oltre le apparenze: "La vera cucina? L’arrosto della nonna"

Il maestro del “Clubino Dadi“ fra innovazione e radici: "Metterei il panettone nel menù tutto l’anno. E il piatto che rappresenta la città è il Risotto alla milanese ma con la quaglia, per me la più raffinata". .

Il maestro del “Clubino Dadi“ fra innovazione e radici: "Metterei il panettone nel menù tutto l’anno. E il piatto che rappresenta la città è il Risotto alla milanese ma con la quaglia, per me la più raffinata". .

Il maestro del “Clubino Dadi“ fra innovazione e radici: "Metterei il panettone nel menù tutto l’anno. E il piatto che rappresenta la città è il Risotto alla milanese ma con la quaglia, per me la più raffinata". .

"Mai valutare la bontà di un piatto, basandosi sull’effetto visivo". È la certezza di chef del Clubino Dadi di Milano, Emanuele Poli, che è anche Vice Conseiller Culinaire del Bailliage di Como. E lui, infatti, predilige gusto, eleganza e tradizione, con un tocco di innovazione, puntando su condimenti vegetali.

La passione per la cucina lo ha spinto oltre i confini nazionali. Oggi soddisfa il palato dell’élite milanese e non solo.

Chef, ci sveli i segreti per la riuscita di un buon piatto.

"La conoscenza del prodotto, la tecnica e l’esecuzione, che è molto personale e varia in base al periodo, alla temperatura, al luogo, in cui si realizza il piatto, ma anche il tipo di attrezzatura e dei metalli, di cui ci si serve. Inizialmente ho usato metodi classici. Poi, dal Duemila, per dieci anni, sono passato a cotture un po’ innovative e a tecniche un po’ più ricercate. Adesso sono tornato alle origini, ma non escludo le novità".

Tra cui la cucina con l’azoto liquido

"È la cottura di un prodotto, al massimo in dieci secondi, a meno di 196°. Se in esso si immerge una foglia di salvia per 3 secondi, mangiandola ad occhi chiusi, sembra quasi fritta. Inizialmente ho usato l’azoto solo per la pasticceria. “Ice & Fire”, invece, è l’abbinare, ad esempio, un risotto alla barbabietola bollente ad un gelato al gorgonzola, ghiacciato con l’azoto, e posto sopra, creando un effetto caldo-freddo un po’ particolare".

Citazione di chef Jean Imbert: “Cucinare è per il 25% effetto visivo, per il 25% sapore, per il 50% saper raccontare storie”.

"In parte è vero. Magari attribuirei all’aspetto visivo una percentuale minore. Aumenterei quella del gusto; l’altra, invece, varia in base alla sensazione e al momento. Alcuni piatti, poi, non hanno una storia così importate. A Lugano ho presentato un risotto, che prevedeva dodici passaggi. Per riuscire a renderlo gustoso, come volevo io, li ho ridotti a cinque, dando spazio soprattutto all’esecuzione e al gusto".

La storia del ris giald?

"Se si fa caso alle vetrate del Duomo, il colore predominante è il giallo. Nel 1574 il Mastro Valerio di Fiandra, per i vetri del Duomo, usava lo zafferano, spezia colorante, proveniente dall’Oriente. Si racconta che, durante un ricevimento, nel risotto del Vescovo Paolo Grassi ne cadde una goccia e lui, girando il cibo, ottenne l’effetto giallo. Lo apprezzò e divenne, così, simbolo di eleganza delle tavole meneghine".

Quello al salto?

"È il risotto del giorno prima, nato nel Dopoguerra come piatto di recupero, ripassato in padella o in forno, con una generosa noce di burro, rosolato sino a renderlo croccante. Si sostiene che porti il sole e la felicità nei piatti dei commensali, durante le giornate milanesi nebbiose e fredde".

E il panettone?

"Lo inserirei nel menu tutto l’anno. Si dice che alla vigilia di Natale, a Palazzo Reale, il garzone Toni infornò le ciambelle per la cena. Ma, essendo stanco, si addormentò e bruciò tutto. Disperato, propose ai commensali un dolce preparato con gli avanzi dell’impasto per il pane, a cui aggiunse burro, uova e uvetta. Ludovico il Moro rimase colpito dalla sua bontà, per cui il Pan de Toni divenne il dolce meneghino per eccellenza".

La cucina è emblema…

"Di unione, calore, ricordi, profumi, sapori. Se si cucina qualcosa a casa e ci si ricorda del profumo dell’arrosto della nonna, è il massimo".

Il piatto con cui rappresenterebbe Milano?

"Il risotto alla milanese, naturalmente, ma unito ad un petto di quaglia. Tale vivanda è per me riconducibile al periodo in cui iniziai a realizzare piatti tipici della cucina borghese. Allora i nobili meneghini avevano appezzamenti di terreno con aie, dove venivano allevate, per soddisfare il loro palato, varie specie di selvaggina, tra cui la quaglia, per me la più raffinata".

Di che colore è la città?

"Giallo. Quando nel ’98 giunsi a Milano, ricordo che c’era una fitta nebbia. Gli unici scorci che riuscivo ad intravedere, soprattutto nel centro città, erano di questo colore...".