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Dice che sta perdendo "un sacco di soldi con il blocco delle partite e dei concerti". Dice che prende "circa 80mila euro al mese tra parcheggi e altre cose". Dice che "finalmente erano riusciti a fare una bella cosa con la gestione dei parcheggi, con 700-800 biglietti in mano, due paninari a cui hanno fatto avere il posto che gli danno una somma a ogni partita. In sostanza, 10mila euro ogni partita". Quelle frasi, pronunciate il 19 febbraio 2021 in una conversazione con Gerardo Toto, aprono una serie di interrogativi sugli affari che il ras della Nord Vittorio Boiocchi, assassinato sabato sera sotto casa a Figino con due colpi calibro 9x21, gestiva sia all’interno che (soprattutto) all’esterno dello stadio Meazza. Affari non strettamenti legati solo alle partite di calcio, ma pare anche a tutti gli altri eventi che vanno regolarmente in scena a San Siro. Affari in cui avrebbe coinvolto anche altri membri di spicco del direttivo della curva. Affari che potrebbero essere connessi alla sua uccisione.
La seconda vita dello "Zio" da leader del tifo organizzato di matrice nerazzurra parte il 12 giugno 2018, quando viene scarcerato dopo un quarto di secolo e affidato in prova ai servizi sociali. I controlli periodici a cui viene sottoposto e le indagini delle forze dell’ordine che lo riguarderanno direttamente o indirettamente da allora in avanti certificano che Boiocchi, al vertice dei Boys San negli anni Ottanta col cognato Marco Pisu, ha ripreso immediatamente la guida della Nord con modi più o meno autoritari, in sostanza autoproclamandosi al comando durante la riunione al Baretto.
Dal canto suo, il pluripregiudicato può vantare storici legami con i Fidanzati e con esponenti di peso della criminalità del quartiere Barona; senza contare che il 27 luglio 2020 viene controllato al bar Calypso di via Correggio con Antonio Francesco Canito alias "Caniggia", "direttamente legato al clan Magrini, famiglia appartenente alla criminalità barese", e Vincenzo Facchineri, "diretto appartenente" dell’omonima ’ndrina e fratello di Luigi, "divenuto boss dell’organizzazione criminale a seguito della morte nel 2011 del padre Michele detto "Il Papa".
La prima fetta del business riguarda i tagliandi per andare a vedere la Beneamata: nell’intercettazione si parla di "700-800", ma con ogni probabilità riesce in qualche modo a procurarsene settimanalmente almeno il doppio (forse 2mila). Non basta. Poi ci sono i posteggi che ruotano attorno all’area dell’impianto sportivo: pure in questo caso, a suo dire, Boiocchi riesce a garantirsi (e a garantire agli altri) una quota – non si sa se come percentuale o come gestione diretta con i suoi uomini – degli incassi, utilizzando anche metodi non propri pacifici e garantendo sicurezza e guardiania attraverso persone legate al mondo ultrà o ai calabresi (in quel settore risultano in prima linea da anni gli Iamonte di Melito di Porto Salvo). Finita? No, perché sembra che il sessantanovenne avesse allargato i suoi interessi pure alla gestione dei servizi di vigilanza in alcuni locali della movida e a quella degli steward per la stagione estiva dei grandi concerti al Meazza. Per finire con il controllo del piccolo spaccio al secondo anello verde.
Scenari estremamente complessi e ramificati che sono stati solo in parte scandagliati, stando a quanto scritto dall’agenzia Adnkronos, da un’inchiesta della Procura che si è interrotta nella primavera del 2020 e che ora verranno nuovamente passati al setaccio dagli investigatori della Squadra mobile, che stanno indagando sull’assassinio di Boiocchi. Quanto le logiche da stadio c’entrino con la sua fine tragica è ancora tutto da capire, anche se è evidente che quello era il suo mondo e che i legami che stringeva partivano spesso da quell’ambiente per poi allargarsi al di là dei cancelli di San Siro. Logiche che peraltro, stando a quanto risulta, governavano gli stessi ambiti anche nei weekend in cui al Meazza giocava il Milan: biglietti, parcheggi, paninari e tutto il resto. La Sud come la Nord.