
RealMaps vendeva un database personalizzato con tutti i dettagli di appartamenti e proprietari
MILANO – “Ogni volta che vedi una tapparella chiusa, quanto sarebbe comodo impiegare solamente undici secondi per capire chi è realmente il proprietario? E non ti piacerebbe potergli mandare una lettera a casa personalizzata chiamandolo per nome e cognome invece che spedire la classica lettera anonima insignificante? E come ciliegina sulla torta... quanto pensi possa valere avere la possibilità di conoscere i numeri di cellulare o la residenza di proprietari magari di immobili liberi da tempo?”. Tutte domande che i responsabili della start-up RealMaps rivolgono on line ai loro clienti. Con tanto di risposta incorporata: un database personalizzato con tutti i dettagli di appartamenti e proprietari, “in qualsiasi città o zona che desideri”.
Peccato che, secondo il Garante della privacy, la società con sede in via San Gregorio abbia portato avanti questa attività di mappatura estremamente dettagliata del “mattone” all’ombra della Madonnina senza alcun controllo né a valle né a monte. Risultato: multa da 100mila euro comminata all’azienda che tra 2022 e 2023 (da dichiarazioni Iva) ha quasi raddoppiato il fatturato, tenuto conto dell’elevato “numero dei soggetti coinvolti nei trattamenti contestati” e del “carattere gravemente colposo della violazione”.
Tutto è nato, stando a quanto ricostruito nel provvedimento firmato dal presidente Pasquale Stanzione, da segnalazioni e reclami che tra 2022 e 2024 hanno sollecitato l’authority sulla “ricezione di comunicazioni promozionali effettuate da agenzie immobiliari, che, su richiesta degli interessati, riferivano ai medesimi di aver acquisito i dati personali (compresa l’utenza telefonica mobile) da RealMaps srl”.
A quel punto, è scattata l’ispezione, durante la quale i tecnici dell’organismo hanno ricostruito il modus operandi della start-up: i dati catastali vengono acquisiti da pubblici registri come Sister e dagli archivi dell’Agenzia del territorio e incrociati “con le anagrafiche fornite dai list provider comprensive di nome, cognome, numero telefonico (fisso o mobile), codice fiscale, indirizzo di residenza e di posta elettronica”; poi ci pensa il cervellone Automatch a generare un elenco da inviare al cliente, contenente “anche i dati di contatto necessari allo svolgimento dell’attività di marketing”. Dal canto loro, i responsabili di RealMaps hanno spiegato di aver acquistato le liste di anagrafiche da quattro “fornitori” (uno dei quali avrebbe a sua volta usufruito dei nominativi di partecipanti al concorso a premi “Vinci un iPad Pro”): in tre hanno fornito da un minimo di 10.049 a un massimo di 112.117 “numeri”, mentre il quarto ha garantito la gran parte delle informazioni con più di due milioni di dati (2.052.933, per l’esattezza).
E le verifiche? La società ha dichiarato “di non effettuare periodicamente “controlli a campione” sulla liceità delle liste acquisite, in ragione delle garanzie offerte dal list provider in sede contrattuale” e appellandosi alla “buona fede”. Di più: gli accertamenti del Garante hanno fatto emergere che al software hanno avuto accesso anche “soggetti non chiaramente identificati e comunque diversi da quelli autorizzati da RealMaps”. Da qui la decisione dell’authority di contestare all’azienda sedici violazioni di articoli o commi del Codice in materia di protezione dei dati personali. A cominciare dalla più grave: la società avrebbe completamente omesso di richiedere e acquisire il consenso informato prima di cedere i dati alle agenzie immobiliari. Nel provvedimento si dà atto che RealMaps ha subito cercato di correre ai ripari, cooperando con gli ispettori e adottando misure correttive in tempi rapidissimi. Non è bastato, però, a evitare la stangata da 100mila euro.