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La Torre Milano, uno degli edifici finiti sotto la lente della Procura
Milano – "Il contenuto della disposizione impugnata non risulta idoneo a incidere in via immediata e diretta nella sfera giuridica dei singoli cittadini che, con riferimento a singole pratiche edilizie, avanzano istanze partecipative nei confronti del Sportello unico edilizia". È la conclusione a cui sono arrivati i giudici del Tar dopo un lungo ragionamento, bocciando così il ricorso presentato dal Collegio geometri e geometri laureati della provincia di Milano contro la decisione del Comune di chiudere il Sue. Una decisione presa da Palazzo Marino dopo le numerose inchieste della Procura sull’Urbanistica. Nella premessa al documento varato il 12 novembre 2024, si fa proprio riferimento alla "difficoltà oggettiva dei dipendenti dello Sportello unico per l’edilizia di continuare serenamente a operare nel proprio lavoro senza la possibilità – in attesa che le indagini e gli eventuali processi chiariscano i fatti contestati – di affermare la difesa delle proprie scelte amministrative".
Da lì la stretta, che in pratica ha blindato il Sue. Le prescrizioni parlano chiaro: "Interrotto il servizio di prenotazione appuntamenti, in quanto si rende necessario eliminare ogni canale di contatti informali attraverso i quali si possano fornire informazioni sull’istruttoria delle pratiche in corso o dare eventuali chiarimenti tecnici procedurali prodromici alla formalizzazione di titoli edilizi". E ancora: "Nessun esterno potrà avere accesso agli uffici del personale dipendente. Il personale sarà tenuto a chiamare la “sicurezza sedi” per il loro eventuale allontanamento".
Un giro di vite contestato dagli ordini professionali di architetti, ingegneri e geometri, che si sono rivolti al Tribunale amministrativo per lamentare "l’improvvisa interruzione di un servizio di fondamentale importante per i cittadini e i professionisti operanti". Ieri il collegio presieduto da Maria Ada Russo ha dato ragione al Comune e torto ai geometri, dichiarando l’istanza inammissibile e aprendo così la strada a pronunciamenti identici per gli altri ricorsi-fotocopia.
I giudici sono partiti da una premessa: "Non vi è dubbio che la disposizione impugnata potrebbe modificare prassi consolidate nei rapporti che, quotidianamente, si innestano tra pubblica amministrazione da una parte e cittadini, operatori e professionisti dall’altra". Quindi, la diversa organizzazione di questo tipo di attività "è senz’altro idonea a produrre effetti in capo ai ricorrenti e, per tale via, a configurare un interesse giuridicamente rilevante in capo agli stessi".
Detto questo, per il Tar non basta: "Si tratta di un atto organizzativo con il quale l’amministrazione attende, in considerazione di particolari esigenze d’interesse pubblico, alla propria organizzazione, emanando atti destinati a incidere sul proprio funzionamento e sul proprio assetto". Fuori dal burocratese: la chiusura dello Sportello non incide sui cittadini a tal punto da giustificarne la contestazione di una scelta interna dell’amministrazione.