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La ciclabile del Naviglio Martesana: i nomadi di via Idro dettano legge

Non è possibile essere tolleranti e comprensivi per poi essere costretti a subire minacce, a temere ritorsioni, a non potere opporsi a chi ruba in pieno giorno sapendo di poterla fare franca. Questa non è civiltà, non è accettazione della diversità, ma soltanto paura e a Milano non dovrebbero esserci luoghi dove la gente perbene ha paura a transitare. Altrimenti sarebbe giusto apporre cartelli di pericolo

Un accampamento di nomadi (Radaelli)

Milano, 3 settembre 2014 - Una piccola storia di ordinaria violenza. Pista ciclabile lungo il naviglio della Martesana, primo pomeriggio di una giornata di sole: a meno di duecento metri da via Padova, due ragazzi a mollo nell'acqua che arriva al ginocchio avanzano nel canale per raggiungere la sponda trasportando attrezzi da giardinaggio, un decespugliatore e un tagliasiepe. Il primo pensiero è che stiano lavorando all'argine, ma c'è qualcosa di strano nel loro comportamento. Procedono in modo concitato, avanzano a fatica e uno dei due invita l'altro a fare in fretta. Appoggiate alla ringhiera due biciclette ad attenderli. Ben presto il quadro è chiaro: non sono operai addetti alla manutenzione del verde, ma gli autori di un furto negli orti che si affacciano sul canale nel lato opposto a quello della ciclabile.

I rari passanti passano e non si curano, ma lo sguardo inevitabilmente cade su quanto sta accadendo. I due raggiungono le biciclette e fuggono con il loro bottino. Passano vicino a un podista in transito e il più deciso dei due gli si rivolge contro: "E tu cosa guardi? Ti faccio a fette". Il corridore manco gli risponde e procede imperterrito per la sua strada anche se abbassa lo sguardo e il suo cuore batte a mille. Poche decine di metri ed ecco che i due entrano nel campo nomadi di via Idro dove ad accoglierli ci sono altri che fanno festa al loro arrivo. Un bel colpo, costato poca fatica e che frutterà di certo qualche centinaio di euro. I testimoni che fanno? Allungano il passo, sperano che nessuno esca dal campo per mettere in pratica quelle minacce urlate senza paura da un ragazzo che sa bene di poterla fare da padrone in quel tratto di ciclabile. Una piccola storia di ordinaria violenza in una zona che tutti i frequentatori della ciclabile conoscono bene. Lì tutti sanno che è vietato porsi domande, ma si deve solo abbassare lo sguardo e fare finta di non vedere. Ogni timore è legittimo, ma l'ingiustizia è palese. Non è possibile essere tolleranti e comprensivi per poi essere costretti a subire minacce, a temere ritorsioni, a non potere opporsi a chi ruba in pieno giorno sapendo di poterla fare franca. Questa non è civiltà, non è accettazione della diversità, ma soltanto paura e a Milano non dovrebbero esserci luoghi dove la gente perbene ha paura a transitare. Altrimenti sarebbe giusto apporre cartelli di pericolo, almeno avvisare i passanti ignari che in quel tratto della ciclabile è bene abbassare lo sguardo e passare più in fretta possibile per evitare guai.