"Non culliamoci sugli allori del passato perché se no, tra un po’, non ci troveremo più a essere la locomotiva, ma una delle ultime carrozze del Paese". A suonare la sveglia è Ugo Duci, segretario generale Cisl Lombardia. Condivide l’appello al mondo del lavoro, che l’arcivescovo ha lanciato il 6 dicembre, nel suo discorso alla città. Ieri ha accolto Delpini nella sede di via Vida.
"Il lavoro non manca, ma molto lavoro è povero, non consente di avere una retribuzione dignitosa, c’è un mismatch tra la domanda delle imprese e l’offerta: servono politiche attive per il lavoro", spiega Duci. "Sono qui per augurare, per benedire – le parole di Delpini ai lavoratori – e benedire vuol dire dichiarare un’alleanza, non è una una specie di parola magica per assicurare una protezione o un buon esito. La benedizione fa parte dell’ambito della fede e dell’alleanza".
"La prima cosa che io vorrei proporre, vorrei chiedere, è una visione – continua – perché molti segnali mi dicono che il mondo del lavoro sta cambiando e cambia in una maniera rapida non solo per qualche particolare che arriva, per una macchina nuova". Che tipo di lavoro stiamo facendo? Che tipo di lavoro faremo? In che modo si lavorerà in questa nostra situazione? Le domande rivolte alla Cisl.
"Io sento solo dei sintomi sull’aspetto del digitale, sull’aspetto della delocalizzazione, sull’aspetto dell’individualismo, di questa forma di lavoro che tende più a isolare che a convergere, che a ritrovarsi". Interroga poi direttamente il sindacato: "In che modo si adegua, si organizza, si prende cura dei lavoratori, di quelli che hanno un contratto di lavoro o una pensione? Mi domando di questo enigma, che si cerchino lavoratori, ci siano dei disoccupati o dei sotto-impiegati e ci siano dei posti di lavoro vuoti".
Ricorda il tema del precariato e dei migranti: "Come si fa ad avere la capacità di interagire con le forme marginali, di quelli che il lavoro non ce l’hanno, di quelli che il lavoro non possono averlo, di quelli che il lavoro non lo cercano, di quelli che vivono una solitudine?" Delpini vede "un’Europa spaventata, che tende piuttosto a difendersi che a interpretare il fenomeno delle migrazioni" e riprendendo l’immagine di “Chiesa delle genti“ chiede di esserlo anche al sindacato.
L’ultimo appello è allo "stile della difesa del lavoratore, allo stile che vigila sul rischio della contrapposizione, che cerca quel modo di affrontare i problemi, che non stabilisce nemicizie pregiudiziali, come forse in altre epoche o forse altri sindacati mettono in evidenza con maggior asprezza: è interesse di tutti lavorare insieme, cercare insieme la soluzione dei problemi".