Prima indagata per l’incendio nella Rsa Casa per Coniugi di via dei Cinquecento è la direttrice Claudia Zerletti, che si occupa di entrambe le strutture del Corvetto gestite dalla cooperativa Proges (quella “gemella” è in via dei Panigarola).
“Per me – è la sua presentazione sul sito di Proges – in una Rsa è importante la disponibilità all’ascolto, l’accettazione incondizionata, la valorizzazione della persona e della sua dignità, la professionalità e l’importanza di un clima famigliare”. Impossibile raggiungerla anche solo al telefono in questi giorni in cui si trova nell’occhio del ciclone. Ma a onor del vero è sempre stata un punto di riferimento, anche per i giornalisti, anche negli anni del Covid.
E infatti il suo nome e il suo volto non sono nuovi alle pagine di cronaca perché già nel 2020, in piena pandemia, Zerletti era stata tra i primi responsabili di case di ricovero per anziani a esporsi pubblicamente spiegando le strategie messe in campo per frenare l’emorragia di morti e comunicando in piena trasparenza anche i “bollettini” con i numeri dei decessi, che già nel mese di marzo 2020 erano saliti a quota 66. Un numero altissimo se rapportato allo stesso periodo dell’anno precedente, quando erano stati “appena” 17.
Zerletti si mostrava in prima linea, con mascherina e tuta bianca protettiva. “Da tre settimane – evidenziava a fine marzo 2020 – è scattato il piano di difesa, abbiamo isolato il settimo piano del polo Ferrari creando un reparto Covid per i positivi. Ora le due strutture sono chiuse al pubblico e nessuno si sposta dalle proprie camere, con difficoltà crescenti per il personale, che ha a che fare con anziani affetti anche da patologie psichiatriche o con fumatori che devono uscire”.
Questa precisazione sugli ospiti fumatori oggi fa riflettere, alla luce del fatto che sarebbe stato un mozzicone a innescare il rogo. A “Storie italiane” sulla Rai, in merito alle denunce dei dipendenti sulla mancanza di controlli rispondeva: “Abbiamo puntualmente eseguito i protocolli indicati dalle autorità, usato guanti e mascherine. Le Rsa non sono degli ospedali ma delle residenze”.
A fine novembre di quell’anno, l’Rsa di via dei Panigarola era tra le poche a garantire le visite dei parenti durante il lockdown. E la direttrice Zerletti aveva aperto le porte ai giornalisti per mostrare come avvenivano gli incontri: parente e paziente si vedevano attraverso una finestra chiusa. Il primo parlava al cellulare, il secondo tramite un tablet, assistito da un operatore. Nessuna possibilità di toccarsi né di respirare la stessa aria. Ma l’incrocio di sguardi era garantito. “Abbiamo fatto questa scelta – spiegava Zerletti - per dare la possibilità di mantenere comunque una relazione. Per gli anziani significa tanto, vedere i propri parenti li conforta. Cerchiamo di garantire due visite al mese a tutti, oltre alle videochiamate”.
Ora, dopo l’incendio di venerdì, a quanto si apprende ha già ricevuto un’informazione di garanzia sotto forma di verbale di identificazione e il suo nome sarà iscritto insieme a quello di altri presunti responsabili nel registro degli indagati. Le iscrizioni sono necessarie per procedere alle autopsie e ad altri accertamenti volti a individuare le cause del rogo in cui la notte tra giovedì e venerdì hanno perso la vita sei anziani. La procura indaga per omicidio colposo, incendio e lesioni colpose.