NICOLA PALMA
Cronaca

Clochard ucciso a Milano, no al processo-bis per l’ex agente della Polfer

Domenico Romitaggio voleva la revisione della condanna per l’omicidio preterintenzionale di Giuseppe Turrisi. Ai giudici la lettera del prete a cui l’uomo confidò: "Non sferrai il calcio letale". Stop della Cassazione

Stazione Centrale

Niente processo-bis per l’ex poliziotto Domenico Romitaggio. Non sono bastate la lettera di un prete e la concessione del perdono da parte dei familiari di Giuseppe Turrisi, il senzatetto di 58 anni ucciso negli uffici della Polfer della Stazione Centrale il 6 settembre 2008. Per quella morte, il quarantunenne e il collega di allora Emiliano D’Aguanno sono stati condannati a 12 anni per concorso in omicidio preterintenzionale e a 3 per concorso in falso ideologico. Romitaggio si consegnò il 2 ottobre 2014, all’indomani della sentenza della Cassazione.

D’Aguanno, invece, pensò bene di sparire un mese prima, a settembre, imbarcandosi su un volo Milano-Buenos Aires e arrivando in autobus in Ecuador e da lì a piedi in Colombia: gli specialisti della Squadra mobile lo arrestarono nel 2016, dopo aver intercettato il suo nome tra i giocatori di una squadra di calcio iscritta al torneo universitario di Bogotà. Ora si scopre che Romitaggio si è rivolto tramite il suo legale alla Corte d’Appello di Brescia per chiedere la revisione del processo. Come si legge nelle motivazioni del verdetto con cui la Suprema Corte ha confermato il "no" dei giudici lombardi, l’ex poliziotto ha spiegato in primo luogo che i tre familiari di Turrisi gli hanno concesso il perdono.

Inoltre, la difesa ha presentato una lettera scritta dal sacerdote don Giovanni Branco, "presso la cui comunità parrocchiale il condannato, ammesso al lavoro esterno, svolgeva attività di volontariato": in quella missiva, il religioso ha riportato le parole che Romitaggio gli ha detto "in ordine alla sua estraneità ai fatti, dal momento che fu un suo collega (mai processato) a sferrare il calcio mortale alla vittima". E ancora: nel ricorso sono state messe nero su bianco pure le dichiarazioni di un uomo che svolgeva il servizio d’ordine presso la stessa parrocchia, a cui l’ex agente avrebbe riferito le stesse cose. Per la Cassazione, la Corte d’Appello ha negato "il carattere di novità a dette prove con rilievi assolutamente adeguati e sviluppati sul piano dell’astratta idoneità a sovvertire il giudizio di condanna". Detto altrimenti: "Ha osservato che la gran parte degli apporti dichiarativi consistono in affermazioni prive di alcuna valenza probatoria, riguardando la concessione al ricorrente del perdono dei familiari della vittima".

Sull’altro fronte, quello del calcio mortale, a Romitaggio "fu imputato il concorso nella condotta aggressiva che condusse alla morte la vittima, ma fu escluso che egli si rese autore materiale del calcio che provocò il decesso, con la conseguenza dell’assoluta irrilevanza delle dichiarazioni, che ora sono state presentate come nuove, che attribuiscono ad altri e non al ricorrente la condotta dello sferrare il calcio". Quindi, la conclusione dei giudici, è vero che l’ex agente non ha sferrato il colpo che ha generato la rottura della milza e un versamento di sangue nell’addome, ma per le sentenze di merito ha "contribuito al fatto trattenendo la vittima e procurando lesioni al capo e al corpo, condotte poste in sinergia con quella che ha materialmente cagionato il decesso".