
I suoi denti simili a quelli del T-Rex. Era un trituratore di ossa (Ansa)
Milano, 5 luglio 2017 - E' stato come comporre un mosaico, come assemblare un puzzle. Ci sono voluti decenni: i primi resti sono stati trovati 50 anni fa in Madagascar. Un ruolo l’ha avuto il caso: le prime scoperte sono avvenute incidentalmente. Un ruolo l’hanno avuto, come ovvio, gli studiosi. E il ruolo finale, fatto meno scontato, l’ha avuto la moderna tecnologia. Sì, perché se ieri il Museo di Storia Naturale di Milano ha potuto presentare il risultato di quel mosaico, di quel puzzle, è stato grazie ad una stampante 3D, messa a disposizione da TheFabLab. Una stampante dalla quale è uscito il muso di un coccodrillo giurassico con i denti da T-rex, il più temibile dei dinosauri carnivori. Quello appena ricostruito è il morso del più grande e del più antico coccodrillo notosuco.
Più grande, perché lungo fino a sette metri, e più antico, perché anticipa di ben 42 milioni di anni, anticipa già al Giurassico, la comparsa di questo particolare gruppo di coccodrilli terrestri capaci di surclassare anche i dinosauri. Si tratta di predatori altamente specializzati e con tratti anatomici del tutto particolari: cranio alto e massiccio, non appiattito come i coccodrilli arrivati fino ai tempi nostri, camminavano eretti sulle quattro zampe, decisamente sollevati da terra, ed erano dotati di mascelle robuste, armate di enormi denti seghettati che per forma e per dimensioni si avvicinano, come detto, a quelli del T-rex. Un fatto, quest’ultimo, che induce gli studiosi a ritenere che il coccodrillo giurassico si nutrisse anche di tendini e di ossa, di carne viva ma anche di carcasse.
La belva è stata soprannominata «Razana», un ’abbreviazione di «Razanandrongobe sakalavae», che significa «lucertola antenata gigante della regione Sakalava». «Razana poteva competere anche con i dinosauri teropodi (i dinosauri carnivori bipedi ndr) senza temere rivali, raggiungendo in Madagascar l’apice della catena alimentare» fa sapere Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano e primo autore dello studio appena pubblicato sulla rivista scientifica «PeerJ». La squadra è composta da paleontologi italiani e francesi. Razana fu descritto e identificato nel 2006 come un nuovo genere e una specie di rettile arcosauro del Giurassico del Madagascar dallo stesso Dal Sasso insieme ad altri due paleontologi italiani: Simone Maganuco e Giovanni Pasini. Allora erano noti solo denti isolati e un frammento di mascella, conservati proprio al museo di Porta Venezia. Ai tre italiani si aggiunse poi il paleontologo francese Guillaume Fléury. E ai fossili di cui sopra si aggiunsero altri resti di cranio e un altro osso della mandibola, stavolta conservati al Museo di Storia Naturale di Tolosa, Oltralpe. Poi la storia della definitiva rivelazione di Razana ha preso una strada tutta lombarda. Decisivi i dati della Tac condotta agli Spedali Civili di Brescia sulle ossa originali rinvenute nei decenni. Grazie a questi dati è stato poi possibile stampare con la stampante 3D del laboratorio milanese TheFabLab delle copie delle ossa originali, copie speculari, ovvero le ossa mancanti dell’arcata destra e sinistra, che sono state infine montate fino a ricostruire il muso del temibilissimo Razana. Per Dal Sasso, già scopritore dei dinosauri Ciro e Tito, l’ennesimo figlio adottivo in arrivo da un passato lontano. Parecchio lontano. giambattista.anastasio@ilgiorno.net