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La rissa del primo ottobre in viale Montegrappa ripresa da una telecamera
Milano - «Già sono passati 5 giorni... non hanno niente... nessuno sa niente... delle telecamere non c’era un c. là... quindi speriamo bene". Gerlando Marco Lucia credeva di averla fatta franca, sicuro che gli investigatori, sbeffeggiati con amici e parenti, non sarebbero mai riusciti a ricollegare il suo nome agli accoltellamenti di viale Monte Grappa. Non sapeva che i segugi della Squadra mobile erano già sulle sue tracce e che ne stavano monitorando movimenti e chiamate, dopo la precipitosa "fuga" ad Ancona "per far calmare le acque". Ieri gli agenti di via Fatebenefratelli, coordinati dall’aggiunto Laura Pedio e dal pm Nicola Rossato e guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo, hanno chiuso il cerchio, notificando al ventiquattrenne di Mazara del Vallo l’ordinanza del gip Cristian Mariani: nonostante l’accusa di duplice tentato omicidio e la piena condivisione delle tesi dell’accusa, il giudice ha ritenuto di non disporre né il carcere (chiesto dalla Procura) né i domiciliari per l’indagato, bensì ha ritenuto "congruo irrogare" l’obbligo di dimora a Milano, il divieto di uscire dalle 22 alle 6 e l’obbligo di presentazione giornaliero alla polizia giudiziaria. L’indagine della Mobile scatta poco dopo le 4 del primo ottobre scorso, a seguito di un doppio accoltellamento in zona corso Como: il ferito più grave, il ventunenne Noè B., viene ripreso per i capelli dai medici del San Raffaele, che riescono a bloccare l’emorragia e a suturare lo squarcio generato da un fendente che gli ha sfiorato il cuore; il coetaneo Seffedine C. è al Niguarda, colpito a petto e spalla.
La prima versione riferisce di un diverbio con uno sconosciuto che impugnava un cartello stradale davanti al locale bArt, ma in realtà tutto è nato da un battibecco senza un perché con la comitiva di Lucia. I poliziotti partono da una base molto scarna, anche perché tra i rivali di nottata non ci sono rapporti né conoscenze in comune. La svolta arriva dall’analisi dei social: agli investigatori viene in mente di andare a controllare tutti coloro che si sono "taggati" mentre si trovavano quella sera all’interno della discoteca Play Club. E da quella mappatura risalgono a Lucia, che aveva prenotato un tavolo nel privè per 300 euro e che era stato immortalato in diversi scatti. Il resto lo fa proprio il ventiquattrenne, che al telefono, tra bugie e fantasie, si dice convinto che il peggio sia passato: "Se non muore qualcuno nella prossima settimana ci siamo. Se sti due stronzi arabi di m. non ne crepa nessuno dei due... magari forse mi finisce lì!".