ANDREA GIANNI
Cronaca

Il commissario Calabresi iscritto al Famedio, la vedova Gemma Capra: “Questo passaggio condiviso gli rende onore e giustizia”

Parla la moglie del poliziotto assassinato da Lotta Continua nel 1972 e ora inserito tra i 13 nuovi nomi al Monumentale: “È una gioia pensando anche al punto di partenza perché in passato sono state dette tante bugie”

Gemma Calabresi in una foto d'epoca con il marito e oggi

Gemma Calabresi in una foto d'epoca con il marito e oggi

Milano, 26 settembre 2024 – Gemma Capra ha appreso che il nome di suo marito, il commissario Luigi Calabresi, verrà iscritto al Famedio, il pantheon del Cimitero Monumentale di Milano dove riposa tra le altre personalità illustri Alessandro Manzoni, mentre si trovava in una scuola nel Milanese, per una testimonianza sul suo “percorso verso il perdono” in un’instancabile spola fra centri giovanili e parrocchie. “Non sapevo che lo avessero candidato – spiega –, è una decisione inaspettata ma che, di sicuro, mi rende felice. E anche per lui sarebbe una gioia”.

È l’ultimo atto di una storia di speranza e coraggio, partita dalla tragedia che ha sconvolto la famiglia, la morte del commissario ucciso da Lotta Continua il 17 maggio 1972. Una storia che ha visto, tra le tappe cruciali, l’incontro al Quirinale del 9 maggio 2009, promosso dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tra Gemma Capra e Licia Rognini, vedova del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli morto in Questura a Milano la notte tra il 15 e il 16 dicembre 1969 in circostanze mai del tutto chiarite, “diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana”. Il nome di Calabresi sarà ora iscritto con quello di altre 12 personalità, tra cui un’altra vittima del terrorismo, il giornalista e pubblicitario Enzo Baldoni ucciso vent’anni fa in Iraq.

Gemma Capra, qual è il significato dell’iscrizione al Famedio, a oltre mezzo secolo dall’omicidio di suo marito?

“Questo passaggio rende definitivamente onore e giustizia alla sua figura. È una gioia pensando anche al punto di partenza, perché su mio marito in passato sono state dette tante bugie. Abbiamo speso una vita per trasmettere la vera immagine di lui, quella di un uomo onesto e un servitore dello Stato, e alla fine ce l’abbiamo fatta. La cosa più importante è che non ci sono state divisioni o polemiche, l’iscrizione al Famedio è stata condivisa da tutti”.

Una tappa importante nel percorso che sta portando avanti.

“Un cammino che ho raccontato nel mio libro, La crepa e la luce, legato anche a un percorso di fede. Sono partita da fantasie di vendetta che, solo all’apparenza, mi facevano stare bene. Poi ho capito che l’odio e il rancore ti divorano da dentro, che ogni giornata trascorsa a odiare è una giornata persa. La mia è una storia di dolore ma anche di speranza, e cerco di trasmettere ai giovani che incontro nelle scuole o nelle parrocchie la testimonianza su un cammino che ha portato verso il perdono. Ora mi sento libera e in pace, e ogni momento felice lo dedico alla memoria di mio marito”.

Qual è la reazione dei ragazzi, quando ascoltano la sua storia?

“Incontro ragazzi meravigliosi, che pongono domande intelligenti, sono ricettivi e capaci di restituire l’affetto che ricevono. Non è affatto vero che i giovani sono qualunquisti e disillusi, io ho piena fiducia in loro e nel futuro che sapranno costruire. Ricordo la frase che mi ha rivolto un ragazzo di 17 anni: “Ti devo ringraziare perché so che se mi succede una tragedia ce la posso fare“”.

Qual è la loro percezione sugli Anni di piombo?

“Per loro è un’epoca lontanissima. L’idea che non si poteva andare nel centro di Milano per la violenza di certe manifestazioni, che non si potesse uscire di casa la sera, li sconvolge. Sembra impossibile, ma invece sono fatti realmente accaduti”.

Quale ricordo resta di suo marito?

“Ho tantissimi ricordi personali, ma nella storia resta la figura di un uomo onesto, un servitore dello Stato. Di certo il cammino per trasmettere a tutti la verità è stato lungo”.