
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha espresso oggi preoccupazione per l'arresto di Giovanni Oggioni nelle inchieste urbanistiche
Milano – Il decreto legge “Salva Milano” che avrebbe dovuto sbloccare i cantieri della città serviva invece, secondo la Procura, a “tutelare” il sistema corruttivo in cui erano immersi tre dipendenti comunali che ora rischiano un processo alla Corte dei conti con l’accusa a vario titolo di corruzione, frode processuale, depistaggio e falso.
Per questo il Comune ha deciso, alla luce degli “elementi” di “maggiore gravità, descritti negli atti di accusa”, di “non sostenere più la necessità di proseguire nell’iter di approvazione della proposta di legge”, attualmente in discussione in Senato. Inoltre, l’amministrazione di Giuseppe Sala sta considerando di costituirsi parte civile.
In una nota, il Comune ha tenuto a precisare che a partire dal 2020 “ha reso obbligatorio per dirigenti e funzionari responsabili dichiarare eventuali condizioni di incompatibilità. E questo vale anche per i membri di Commissione, compresa la Commissione comunale per il Paesaggio, sia alla nomina sia in sede di trattazione di ogni pratica”. Dichiarazioni che, ha sottolineato l’amministrazione, “non risultano essere state rese da chi oggi indagato”.
Cos’è il “Salva Milano”
Salva Milano è un disegno di legge che mirava a semplificare le procedure urbanistiche ed edilizie, in particolare per interventi di demolizione e ricostruzione, in modo da sbloccare circa 150 cantieri fermati dalla Procura per presunti abusi edilizi. La legge aveva ottenuto l’approvazione della Camera e stava aspettando il via libera definitivo del Senato per diventare legge. Difficilmente, ora, l’iter di approvazione arriverà a buon fine.
Sala: “Chi ha sbagliato paghi”
“Chi ha sbagliato paghi, e anche duramente”, ha commentato Sala a poche ore dell’arresto dell’architetto Giovanni Oggioni, ex componente della Commissione paesaggio di Milano indagato per corruzione, frode processuale, depistaggio e falso. “È chiaro che io difendo sempre l’amministrazione, il Comune, la squadra. Ma se poi uno ha sbagliato che paghi e che paghi anche duramente. Sia chiaro”.
Il sistema corruttivo
Secondo gli inquirenti, Oggioni avrebbe favorito “il buon esito di numerose pratiche edilizie” ricevendo in cambio “utilità da un’associazione di categoria dei costruttori edili e da un operatore economico del real estate”. Ma soprattutto, le indagini avrebbero scoperchiato un “sistema” composto da membri della Commissione per il Paesaggio, operatori economici, progettisti privati e soggetti interni al Comune di Milano il cui scopo era “di facilitare il rilascio di titoli edilizi illeciti e di realizzare operazioni immobiliari altamente speculative”.
Pressioni sul Parlamento
Le persone indagate nell’inchiesta, negli scorsi mesi avrebbero anche fatto pressioni sul deputati e senatori al fine di spingerli ad approvare rapidamente il disegno di legge dal Parlamento. Non solo, gli indagati Giovanni Oggioni e Marco Cerri avrebbero contribuito alla stesura degli emendamenti del Salva Milano. In particolare, avrebbero fatto pressioni sul ministro per gli affari europei Tommaso Foti (Fratelli d’Italia), sul deputato Maurizio Lupi (Noi Moderati) e sul senatore Alessandro Morelli (Lega).
L’aspetto più incredibile, insomma, è che coloro che oggi sono indagati sono gli stessi che – secondo l’accusa – hanno voluto e “dettato” al Parlamento il Salva Milano allo scopo, peraltro, di bloccare le indagini sull’urbanistica. Questo, secondo i pubblici ministeri, mostra l’attitudine eversiva degli indagati.
Le misure del Comune sull’urbanistica
Nella nota in cui annuncia di rinunciare al disegno di legge, il Comune di Milano ha voluto ricordare le misure che ha recentemente messo in atto in materia di urbanistica. A febbraio 2024, “lo Sportello unico per l’edilizia si è adeguato alle interpretazioni del giudice per le indagini preliminari in tema di pianificazione attuativa e ristrutturazione edilizia”. A settembre 2024 “è stato modificato il Regolamento della Commissione comunale per il Paesaggio, rafforzando ulteriormente il principio di trasparenza che lo guida e prevedendo che almeno 8 componenti su 15, compreso il Presidente, per l’intera durata dell’incarico non svolgano attività di libera professione nel territorio comunale”. A novembre “sono state introdotte regole molto restrittive sui contatti tra funzionari dello Sportello unico per l’edilizia e gli utenti privati” e a marzo sono stati avvicendati “alcuni dirigenti”.