MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Emergenza comunità minorili, strutture stracolme: “Per questo ci sono 22 misure cautelari non eseguite”

Lo segnala Gatto, la presidente del tribunale per i minorenni di Milano. La fotografia in otto province. I provvedimenti dei giudici in alternativa al carcere per i baby autori di reati restano in sospeso

Il collocamento in comunità può essere disposto dal tribunale in alternativa al carcere

Il collocamento in comunità può essere disposto dal tribunale in alternativa al carcere

“Ad oggi ci sono 22 misure cautelari di collocamento in comunità non eseguite" per mancanza di posti. Tradotto: 22 minori non sono dove dovrebbero essere. Lo fa sapere Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, la cui competenza territoriale comprende non solo il capoluogo lombardo ma anche Monza e Brianza, Como, Lecco, Lodi, Pavia, Sondrio e Varese.

Basta questo dato a rendere l’idea dell’emergenza; la situazione era già grave un anno fa quando una comunità della periferia sud lanciava l’allarme su queste pagine: "Noi siamo al completo – segnalava un educatore – e rifiutiamo richieste ogni giorno". Perché le comunità arrancano? "Sia per difficoltà a sostenersi economicamente (per ogni ragazzo, le istituzioni pagano una retta ma questa non è sufficiente) e sia per carenza di educatori".

In queste condizioni, accettare nuovi ingressi è sempre più difficile. Ma è una corsa a ostacoli anche gestire i ragazzi già ospitati. "Ogni comunità ha un regolamento interno, condiviso con tutti i minori al momento dell’ingresso nella struttura – spiega Maria Grazia Campese, presidente della Cooperativa Spazio Aperto Servizi – di solito si fissa un orario di rientro per la sera, che durante la permanenza del minore in comunità può variare puntando a responsabilizzare i ragazzi. Se qualcuno non rientra all’orario concordato, l’educatore ha il dovere di segnalare il mancato rientro alle forze dell’ordine, in quanto non può andarlo a cercare per tutta Milano: non è il suo compito e non può neppure lasciare gli altri 20 o 30 minori che gli sono affidati. Certamente i casi vanno segnalati a chi di dovere, per concordare insieme il da farsi".

Dei tre minori arrestati ieri notte in zona corso Como con l’accusa di tentato omicidio, due – fratelli marocchini di 16 e 17 anni – risiedevano in una comunità. E stando a quanto risulta al Giorno lo erano in virtù di una misura cautelare emessa nei loro confronti. In altri termini: il collocamento era stato disposto dal tribunale in alternativa al carcere (perché i due ragazzi avevano già commesso reati, in particolare furti e rapine).

In quali casi per un ragazzo si aprono le porte di una comunità? In un primo caso, perché nei suoi confronti viene emesso un provvedimento di natura penale: l’inserimento viene disposto dal tribunale per i minorenni come misura cautelare a seguito della commissione di un reato. La mancanza di rispetto delle regole (ad esempio allontanarsi senza permesso) comporta un aggravamento della misura quindi il trasferimento in carcere, che dovrà comunque essere sempre disposto dal giudice.

Il collocamento in comunità può anche avvenire per decisione del giudice civile, sempre del tribunale per i minorenni, o come provvedimento amministrativo d’urgenza. Oppure l’inserimento può essere di natura consensuale. È il caso, ad esempio, di famiglie che si rivolgono ai Servizi sociali del comune d’appartenenza segnalando difficoltà e chiedendo aiuto.

La comunità, spesso, diventa spesso casa per minori stranieri non accompagnati, quindi senza adulti che si prendano cura di loro, o per ragazzi con altri tipi di difficoltà. In ogni caso, l’obiettivo è sempre il recupero del ragazzo. Per farlo servono educatori e, soprattutto, strutture. Difficile raggiungere l’obiettivo se mancano i posti per tutti.