LUCA BALZAROTTI
Cronaca

"Io, ispettore nell’era dei tagli. La sicurezza ridotta a brochure"

L’allarme: più imprese a norma. Ma soltanto sulla carta

Ispettori del lavoro all'opera

Milano, 20 gennaio 2018 - Si scrive 2004. Si legge anno zero. «Quel decreto legislativo ha introdotto ulteriori poteri agli ispettori del lavoro. Non interveniamo più solo su richiesta, ma anche su iniziativa del’Ufficio che in base a banche dati e confronti con gli stakeholder del territorio stila un programma e inserisce le aziende da controllare con alcuni criteri: il tempo da cui mancano visite, le potenziali irregolarità in relazione al contesto in cui operano, il rischio del’attività».

Parla uno dei detective (anonimo per questioni di riservatezza) che tutelano ogni giorno la sicurezza dei lavoratori in Lombardia, dove nel 2017 (gennaio-novembre) sono state 127 le denunce di incidenti mortali (21 in più del’anno precedente). «Il nostro compito - spiega - spazia dalla verifica delle regolarità dei rapporti di lavoro al rispetto dei contratti collettivi in termini di inquadramento professionale e retribuzione. Sul fronte della sicurezza, agiamo insieme alle Ats (le ex Asl) nel’edilizia e abbiamo competenze specifiche sui cassonetti ad aria compressa e sugli impianti ferroviari. Poi ci sono le imprese». Tante rispetto al numero degli ispettori. È il caso di Brescia, una delle province più industrializzate: qui la Camera di Commercio certifica oltre 100mila imprese attive. I “controllori” sono una quarantina. «C’è un problema di risorse. Siamo pochi rispetto alle aziende. Subiamo, come altri settori, dalla sanità alla giustizia, i tagli alla pubblica amministrazione. La logica è la stessa: la pubblica amministrazione non funziona? E allora si butta via tutto, l’acqua sporca con il bambino». Programmare e selezionare dove intervenire diventa la stella polare per l’ispettore del lavoro. Professione che vive nel limbo di una nuova rivoluzione normativa: dal 1 gennaio 2017 è operativo l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), un’agenzia che accorpa le funzione investigative del Ministero del Lavoro, dell’Inail e dell’Inps. «Ma a oggi siamo ancora in una fase intermedia», dichiara chi è impegnato anche nel contrasto al lavoro nero.

«Può capitare che aziende non ricevano visite e altre ne ricevano diverse in pochi anni. Non esiste una media, incidono fattori come le segnalazioni o la tendenza al rischio». Quando gli ispettori entrano nelle aziende, è come se il tempo si fermasse. «Spesso i datori di lavoro vivono il momento di controllo come un pericolo o una scocciatura. Invece dovrebbe essere un’occasione di riflessione. Di confronto e revisioni di organizzazioni interne che possono anche incrementare il business». L’ispettore osserva e indaga tra le carte. E il quadro che il più delle volte emerge è «di luoghi di lavoro più sicuri». Dove la sicurezza, però «è ancora troppo burocratica». «La valutazione dei rischi non è andare su internet, scaricare un documento. Per la formazione non può bastare un opuscolo dato ai lavoratori e, come accaduto in un’azienda con manodopera straniera, magari scritto in italiano. Occorre una rivoluzione culturale, partendo dalle scuole». Un anno zero. Questa volta per la sicurezza.