ANNA GIORGI
Cronaca

Coronavirus, il primario: "Io, da medico a paziente malato di Covid"

L’esperienza raccontata dal professore Enzo Soresi, 82 anni, studioso di fama e primario emerito di Pneumologia al Niguarda

Enzo Soresi, 82 anni

Milano, 29 aprile 2020 - La voce forte e decisa, al telefono, del professore Enzo Soresi, 82 anni compiuti da qualche giorno, studioso di fama, primario emerito di Pneumologia al Niguarda, 57 anni di professione medica, è già una bella conferma che dal Covid, in queste settimane di protocolli mirati e di migliore addestramento degli ospedali, si può pensare di guarire, relativamente in fretta e quasi quasi con serenità. Professore, ci racconti la sua lotta contro il Covid, da medico e da paziente.

"Il contagio arriva all’improvviso il 24 marzo, un pomeriggio comincio a sentire brividi di freddo, la febbre che sale di ora in ora, fino a 38.5. Ho pensato: eccolo". Cosa ha fatto per prima cosa? "Avevo letto del protocollo del virologo francese Didier Raoult, che proponeva l’uso di un antimalarico associato a un antibiotico. Avevo già prescritto al telefono questa terapia a tre miei pazienti che effettivamente in pochi giorni si erano sfebbrati e poi erano guariti. Così applico il protocollo anche a me, unisco l’epacalcieparina per evitare le embolie polmonari che questo virus induce. Ero sicuro di guarire, ma al sesto giorno avevo ancora febbre alta: il virus era molto aggressivo, decido così di rassegnarmi al ricovero". In quel momento diventa un «paziente», proprio nei giorni del picco dei contagi e di massima crisi degli ospedali. "Mi ritrovo al pronto soccorso del San Gerardo, mi fanno i tamponi, otto ore di attesa in cui comincio a pensare il peggio. Poi mi portano in Geriatria, altre 48 ore senza nulla, una inerzia che mi mette dalla parte dei pazienti che si sentono impotenti in una struttura in cui sono solo dei numeri. Con il mio collega medico Sergio Harari, per parecchi anni abbiamo collaborato alla Divisione pneumologica, concordiamo la necessità di un trasferimento in Malattie Infettive, serve un cambio di scenario, un intervento immediato e deciso. Ironia della sorte, avevo appena pubblicato il libro “Come ringiovanire invecchiando”, mi sarebbe dispiaciuto contraddire il titolo - ora ci posso scherzare - ride - per via di un virus...". Il tempismo, insieme al una nuova terapia, sono state fondamentali. "Proprio in quei giorni veniva introdotto da Harari il protocollo che inseriva anche il cortisone nel trattamento del Covid-19, allo scopo di spegnere la cascata infiammatoria. Sono rientrato nella cura e ho avuto immediatamente un recupero inaspettato, la febbre è scomparsa e in pochi giorni sono guarito dal punto di vista biologico, tanto da chiedere le dimissioni". Oggi si è negativizzato? "Non ancora, ho fatto già due tamponi e sono ancora lievemente positivo, quindi sono a casa in isolamento, aspetterò altri venti giorni per il prossimo tampone. Nel frattempo, cerco di recuperare le forze. Consiglio ai post-covid: nutrirsi con molte proteine animali e vegetali, idratarsi, riposare sistematicamente, fare piccole passeggiate, magari con pochi gradini, più volte al giorno. In fondo si tratta solo di ridare vita ai nostri mitocondri stressati da questa “tempesta biologica”". Cosa consiglia di fare, invece, a una persona che si trova oggi nella stessa emergenza in cui si è trovato lei? "Posso dire che oggi la situazione negli ospedali è decisamente migliorata ed è sotto controlli. Se in un primo momento i medici e le strutture sanitarie sono state prese in contropiede, oggi hanno saputo riorganizzarsi e i protocolli per curare ci sono e sono efficaci, dal cortisone, alla cura con plasmaferesi sperimentata a Pavia. Il tempismo però è fondamentale, al quarto giorno al massimo di febbre che non passa, bisogna insistere per il ricovero". Come saranno i prossimi mesi in attesa del vaccino? "Ci abitueremo a convivere con il Covid-19 forti di programmazioni sanitarie già molto efficaci, direi che saremo capaci di affrontarlo con competenze forti che ridurranno quasi a zero le complicanze". Ci si chiede spesso perché Milano è stata così «flagellata» dal virus, lei pensa che l’inquinamento abbia influito? "Certamente, l’inquinamento induce infiammazione cronica nelle mucose delle vie respiratorie e rappresenta quindi un grosso rischio aumentato dalla polmonite indotta dal virus".