GIULIA BONEZZI
Cronaca

Coronavirus, a Milano 86 contagiati e la prima vittima

I dati forniti dall’assessore regionale Gallera: l’87 dei deceduti aveva più di 75 anni, quasi tutti avevano altre patologie

Attività sospesa negli ambulatori: la sanità milanese si sta concentrando sull’epidemia

Milano, 6 marzo 2020 - È di Milano uno dei 98 lombardi morti con un tampone positivo al coronavirus. L’ha detto ieri l’assessore regionale al Welfare Giulio Gallera, aggiornando la conta dei decessi salita di 25 in 24 ore, anche se il flusso di dati dalle aziende sanitarie alla centrale al sesto piano di Palazzo Lombardia non coincide necessariamente con la stessa giornata. I positivi al SARS-CoV-2 che non ce l’hanno fatta avevano tutti più di 49 anni, il 2% tra 50 e 64, l’11% tra 65 e 74 e l’87% era over 75; quasi tutti, aggiunge l’assessore, "avevano compromissioni cardiologiche o altre patologie".

I contagiati in città ieri sono arrivati a 86, includendo l’hinterland a 197, quarta provincia più contagiata dopo Lodi (658 infettati), Bergamo (che ne conta 537 ed è cresciuta di 114 in un giorno solo, concentrati nella media Val Seriana a Nord-Est del capoluogo) e Cremona (406) e davanti a Brescia che con 155 casi supera Pavia (151), mentre Monza (19), con Varese (17), Como (11), Lecco (8) e Sondrio (4) è oltre il confine delle province considerate "non intaccate", che fungeranno da polmone allo tsunami di malati di Covid19 atteso negli ospedali nelle prossime ore. I dati, va detto, sono aggiornati al giorno precedente e fotografano una situazione ancora anteriore (con i laboratori d’analisi intasati di tamponi, 12.354 quelli processati sinora, i risultati possono arrivare anche dopo 48 ore), ma l’assessore Gallera rimarca che "i capoluoghi, a parte Cremona, registrano una concentrazione di contagiati ancora estremamente bassa, in proporzione alla popolazione". Il perché è materia "per gli statistici, noi speriamo che le cose rimangano così", e diventa ancor più capitale quel metro di distanza da tenere con gli altri, quel lavarsi molto le mani e ridurre la vita sociale, i comportamenti che servono a rallentare la diffusione del virus e "preservare le grandi città". Perché già così, coi focolai in quattro zone dove vive appena il 4% dei lombardi, i ricoveri crescono di 200 al giorno e ci sono ospedali che scoppiano di pazienti.

"Il sistema sanitario sta reagendo, per ora regge", insiste l’assessore: in due giorni sono stati assunti 39 medici, 78 infermieri e 18 Oss, spediti negli ospedali "di frontiera" intorno ai focolai, quelli che vedono arrivare 50 o 70 persone al giorno con complicanze polmonari. Lodi ha avuto 19 medici, 47 infermieri e 17 Oss, incluso personale dell’esercito, e rinforzi dal Besta, da Pavia, dal Fatebenefratelli, dal Niguarda e dagli ospedali privati del Gruppo San Donato; a Seriate sono arrivati 10 medici e 8 infermieri militari, e l’unità di crisi ha inviato anche a Crema e Cremona medici e infermieri, neoassunti o assunti da altri e mobilitati dalla "solidarietà del sistema". La Regione, che conta già sugli specializzandi e aspetta lo sblocco normativo del Governo per arruolare pensionati, sta prendendo contatti anche con le Ong: "Abbiamo bisogno delle migliori energie, qualsiasi contributo non solo è benvenuto, ma assolutamente necessario", ha chiarito l’assessore Gallera. C’è bisogno soprattutto di anestesisti e infermieri specializzati per aumentare ancora i posti letto in terapia intensiva (a ieri 850 totali, al netto degli ospedali monospecialistici, con 321 slot dedicati ai "pazienti corona", di cui occupati 244).

E anche a Milano molti ospedali, cui la paura di beccarsi il virus ha svuotato i pronto soccorso dei meno malati codici bianchi e verdi, si stanno preparando ad accogliere un’ondata di malati di polmonite grave da fuori città. Si spostano pazienti, si convertono Medicine in Pneumologie e in qualche caso si approntano piccoli lavori per creare "reparti corona" e "posti corona" in terapia intensiva: in ogni area risveglio di ogni sala operatoria alleggerita dalla chirurgia non urgente (che è stata tagliata del 70%) si possono ricavare tre letti di cure intensive; altri letti di subintensiva possono essere adattati ai malati di Covid19 attrezzandoli con ventilatori e caschi CPAP, grazie ai quali "il 50% di questi pazienti può evitare o ritardare il passaggio in terapia intensiva", ha spiegato più volte l’assessore Gallera. Ricordando che il problema più grande non sono le macchine, ma gli uomini e le donne, il personale sanitario che sta pagando un prezzo alto all’emergenza coronavirus, con oltre 270 contagiati, il 12% dei 2.251 positivi contati a ieri in Lombardia. Sono aumentati di 126 in un giorno (da 250 a 376) anche i dimessi dagli ospedali; e oggi quello militare di Baggio dovrebbe accogliere i primi due che non possono andare in quarantena a casa, in attesa di negativizzare il virus. Uno da Bergamo e uno da Brescia.