
Un maneggio
Milano, 13 marzo 2020 - I maneggi chiudono al pubblico, come tutti i centri sportivi, ma i cavalli lasciati in custodia da privati devono essere accuditi. I proprietari, però, non possono raggiungere le strutture a causa delle misure anti-coronavirus. Strutture che, a loro volta, in tanti casi non hanno personale sufficiente per garantire le cure ad animali anziani o malati, bisognosi di passeggiate e attenzioni che non si limitano al cibo. Una confusione, meno grave rispetto all’emergenza sanitaria, che però per i proprietari degli animali ha immediati riflessi pratici e affettivi in una quotidianità sconvolta dal coronavirus. "Il mio cavallo ha bisogno di cure che non si possono rimandare", spiega una milanese che ha affidato il suo animale a un maneggio, pagando un canone mensile di oltre 400 euro. "Senza cure rischia di morire – prosegue – questi aspetti vanno considerati". Un problema sentito da tanti padroni di animali, che si traduce in raffiche di chiamate ad associazioni e alla Federazione Italiana Sport Equestri (Fise). Tentativi di trovare un punto d’incontro tra il rispetto della legge e il benessere dei cavalli.
La presidenza del Consiglio, in una nota in risposta alla richiesta di chiarimenti della Fise sullo spostamento da casa al maneggio, ha precisato che lo stesso "è consentito al proprietario solo per provvedere alla cure e alla salute del cavallo (...) quale esigenza indifferibile", compilando l’autocertificazione. La Federazione, quindi, ha comunicato agli iscritti che non si può andare al maneggio perché "la normativa è volta a evitare gli spostamenti limitandoli a situazioni particolari o eccezionali". Invita quindi gli iscritti a coordinarsi "con gli Istruttori, i presidenti di circolo e i veterinari per comprendere l’effettivo stato di necessità indifferibile che possa e giustificare lo spostamento". Una nota che non rassicura i proprietari degli animali, anche perché i maneggi in molti casi non hanno personale sufficiente per garantire cure solitamente prestate dai padroni. "Noi diciamo di stare a casa – spiega l’avvocato Marianna Garrone, dell’associazione Cavalli e Diritto – coordinarsi con i responsabili dei centri e muoversi solo per assoluta necessità. In questi casi basta l’autocertificazione e una lettera del gestore che dichiara di non essere in grado di provvedere alle cure e al benessere dell’animale".