Milano, 17 marzo 2020 - Milanese figlio di contadini, ha iniziato poco più che adolescente a lavorare alla ditta Bianchi con un diploma di ragioniere in tasca. Da semplice impiegato a contabile il passo è stato breve. La svolta è arrivata quando un sindacalista gli ha proposto di gestire la mensa aziendale. "E chissà che sarebbe successo - è solito dire - se anziché la mensa ci fosse stato altro". L’impero è nato con 150mila lire regalategli dal suo capo: oggi Ernesto Pellegrini, 79 anni, cavaliere del lavoro, è il re delle mense e della ristorazione. Ed è stato anche presidente dell’Inter dal 1984 al 1995. La Pellegrini, fondata nel 1965, si occupa in Italia e all’estero di servizi dedicati alle aziende e ha fatto registrare nel 2019 ricavi per 640 milioni di euro. Oltre 9mila i dipendenti distribuiti tra le varie sedi in Italia e in altri Paesi.
Un business che è incentrato su ristorazione collettiva, "welfare solutions" (con i buoni pasto in primis), pulizie e servizi Integrati, vending (distributori automatici), lavorazione della carne e forniture alimentari. C’è un’attenzione particolare: a dicembre 2013 è nata la Fondazione Ernesto Pellegrini onlus per i nuovi poveri. A Milano il ristorante Ruben, dal nome di un uomo che morì di stenti e che Pellegrini aveva conosciuto da ragazzo quando lavorava nella cascina di famiglia, prepara e serve fino a 350 pasti ogni sera in via Gonin 52, zona Lorenteggio, al prezzo simbolico di 1 euro. Adesso, per via delle restrizioni causa emergenza in corso, le modalità di supporto per chi è in difficoltà sono cambiate.
Pellegrini, come sta?
"Questa è la prima domanda che in questi giorni ci poniamo tutti a vicenda. Sto bene, sono a casa naturalmente, come ci viene raccomandato, ma non mi riposo. Mi sono portato un po’ di lavoro, bilanci e rendiconti soprattutto. In un’azienda che dà lavoro a quasi 10mila persone, le cose da fare sono tante e in questo momento le posso gestire anche a distanza, al telefono. Sono a casa da 5 giorni e tra una cosa e l’altra il tempo mi è passato velocemente. Ho la fortuna di poter uscire in giardino, quindi lavoro, cammino e prego, essendo religioso. Insieme ce la faremo a superare questo momento".
Lei ha vissuto la guerra e le difficoltà che ha attraversato Milano. Trova analogie con il periodo che stiamo vivendo ora?
"Sono situazioni un po’ diverse. Io sono nato nel 1940, ho ricordi di guerra che sono abbastanza nitidi. Allora si conosceva l’avversario, si vedeva il nemico, aeroplani che si scontravano, soldati che combattevano. Oggi invece il nemico non si vede. Questo è il dramma. Io allora vivevo in una cascina e ricordo bene lo spirito di solidarietà, il sostegno che i contadini si davano l’un l’altro. Uno spirito che ora sto vedendo nuovamente: tutti cerchiamo di fare qualcosa per il prossimo ed è meraviglioso. Mia figlia Valentina (in qualità di vicepresidente affianca il padre nella gestione, ndr ) e io abbiamo deciso di produrre e distribuire gratuitamente 30mila pasti in 17 comuni della Lombardia a persone che sono in difficoltà, in particolare anziane, che non possono neanche uscire di casa. Siamo contenti di farlo, per restituire un poco di quel tanto che abbiamo ricevuto dalla vita. Portiamo a domicilio il cibo anche ai giocatori dell’Inter ma questo fa parte del nostro impegno lavorativo. I giocatori ci hanno ringraziato per la buona qualità del servizio e questo mi ha fatto piacere".
Adesso come funziona il ristorante Ruben?
"Naturalmente non possiamo far entrare le persone a cenare, per rispettare le disposizioni delle autorità, però il personale prepara comunque il cibo che poi viene distribuito dentro dei sacchetti. Le persone in difficoltà vengono a ritirarli, più o meno ne vengono forniti 250 ogni sera".
In questo periodo, in cui la maggior parte della gente lavora da casa, le mense aziendali sono sospese e pure l’utilizzo dei ticket. Anche il vostro lavoro si è trasformato?
"Non abbiamo ancora pensato a un’eventuale trasformazione, perché ci auguriamo che questo periodo si superi e che si torni alla normalità, o alla quasi normalità, il prima possibile. Io sono fiducioso e prego molto, più di prima. Mi dispiace di non poter mandare gli inviti, che erano già pronti nel mio ufficio, a 280 persone, per un pellegrinaggio a Lourdes che avevamo programmato per il 15 giugno, con collaboratori, amici clienti, bisognosi. Ma pazienza: lo rimanderemo".