
Una educatrice di Zumbimbi, struttura attiva dal 28 marzo alla Barona
Milano, 20 giugno 2020 - Convivono con la paura che il virus strappi loro la mamma e il papà. Senza familiari vicini, senza amici né insegnanti, visti solo attraverso gli schermi di tablet e smartphone. Ma sono accolti in una piccola comunità che offre loro una seconda casa, nuovi amici, educatori e un supporto psicologico. Sono 20 i ragazzini che dal 28 marzo hanno vissuto la quarantena da Zumbimbi, lo spazio di via Zumbini 6 alla Barona (di proprietà di Fondazione Cassoni) a disposizione dei piccoli milanesi i cui genitori sono ricoverati in ospedale per Covid e che non hanno alcun parente che possa prendersi cura di loro. In due mesi e mezzo, da questo luogo sono passati ragazzi tra i 10 e i 16 anni, metà dei quali italiani e il resto con le origini più disparate: filippini, peruviani, arabi, rom. Adesso ce ne sono 4. Tempo di permanenza medio, due settimane. Un quattordicenne detiene il record: entrato il 3 aprile, è uscito il 13 maggio. L’unico che alla prova del tampone (effettuata prima del rientro a casa) è risultato positivo al virus.
Il lieto fine c’è stato per tutti: ognuno ha riabbracciato i genitori, guariti. L’accoglienza andrà avanti fino al 30 giugno, poi si spera non ci sia più bisogno del servizio. "All’inizio i nostri ospiti sono spaventati, hanno paura di perdere i genitori. Alla fine, quasi sono dispiaciuti di lasciarci", spiega Benedetta Rho, responsabile del progetto per conto della cooperativa sociale La Cordata, che insieme al partner Comin, con il supporto di Terre des Hommes ed Emergency, gestisce l’ospitalità su richiesta del Comune, che si è attivato dopo che il Tribunale dei minori aveva segnalato le difficoltà di alcune famiglie. All’inizio le spese sono state sostenute da Fondazione di Comunità, poi dal Comune. Ma tante multinazionali e aziende si sono fatte avanti con donazioni. Ciascun ragazzino ha la sua stanza con bagno in un ambiente con 16 camere e spazi comuni tra cui terrazzi, prima della pandemia a disposizione di turisti. Ogni area viene sanificata. Alle pareti, disegni con personaggi-astronauti, "perché questo è un mondo da esplorare". Al mattino si fa colazione (i pasti sono consegnati da Milano Ristorazione, sigillati e in monoporzioni), poi si studia.
Ci si ritrova a pranzo e poi per i giochi pomeridiani, distanziati e indossando mascherine e guanti. Poi la cena e attività collettive. "I momenti più toccanti sono quelli delle videochiamate con mamme e papà. Ma ci sono anche nonni che arrivano a salutare i nipoti dalla strada. Abbiamo avuto pure ‘Romeo’ che veniva a trovare la sua Giulietta". E c’è chi si è appassionato di manga o tai chi. "Dopo l’esame di terza media, abbiamo concesso il sushi". Anche il quartiere si è mobilitato per addolcire la permanenza: nel parco a ridosso sono spuntati teli colorati con messaggi di incoraggiamento. "La preziosa disponibilità de La Cordata - commenta l’assessore alle Politiche sociali e abitative Gabriele Rabaiotti - come anche quella di altre cooperative, enti e associazioni, mostra lo spirito con cui Milano ha gestito questo momento. Abbiamo potuto contare su una città sensibile e solidale che ha lavorato e continua a lavorare perché nessuno rimanga solo".