ETTORE SALADINI
Cronaca

Corso Garibaldi, dove la movida ha soppiantato i locali storici: “È lo specchio della città”

Nella strada del divertimento notturno resistono poche attività tradizionali. I residenti: “La via è più viva, ma tra rumore e rifiuti i disagi si sono moltiplicati”. Ma i gestori contestano il ‘coprifuoco’ intorno al civico 104: “Un’ordinanza assurda”

Uno scorcio di corso Garibaldi verso largo La Foppa, con alcuni dei tanti dehors che caratterizzano la via (foto Davide Canella)

Uno scorcio di corso Garibaldi verso largo La Foppa, con alcuni dei tanti dehors che caratterizzano la via (foto Davide Canella)

Milano – Vita notturna, negozi di tendenza e qualche artigiano che resiste al mondo che cambia. Corso Garibaldi è una sintesi efficace di Milano, uno spaccato di città che unisce la malinconia dei residenti storici, l’eleganza delle vetrine e la tenacia delle botteghe ai contrasti sempre accesi tra chi ci abita e la movida.

Un conflitto tornato d’attualità a marzo, quando la Questura ha imposto tre giorni di chiusura ad alcuni locali, tra cui lo storico Radetzky, per il mancato rispetto dell’ordinanza comunale che vieta la vendita da asporto dopo le 22 e impone la chiusura dei dehors entro mezzanotte, nel tratto tra via Marsala e largo La Foppa.

“L’ordinanza contro dehors e vendita d’asporto è semplicemente folle. Una scelta che penalizza chi lavora e cerca di reggere costi altissimi”, racconta Enzo Iannetti, titolare del Café Radetzky. “È una storia lunga, che nasce da una diatriba tra il condominio 104 e il Comune. Noi eravamo all’oscuro di tutto e, all’improvviso, ci siamo ritrovati questo masso sul collo. Ci hanno fatto chiudere per tre giorni. Ma l’ordinanza è illogica e, soprattutto, punitiva per questi 200 metri: basta uscire dal perimetro per comprare da bere altrove e venire a fare schiamazzi qui”. Un malcontento condiviso da tutti i gestori di bar e locali. Marco Melzi, titolare di Agua Sancta, non nasconde l’amarezza: “Ci hanno tagliato le gambe. Nel weekend incassavamo quasi 3.000 euro, ora è un miracolo se arriviamo a 1.500. Gli affitti, però, restano invariati e la vita notturna si è spostata. Prima si veniva qui, ora si preferisce andare dove non ci sono vincoli. Ma non serve andare lontano, basta via Solferino, qui dietro, che è fuori dall’ordinanza. La gente va lì e poi porta l’asporto qui”.

Per alcuni residenti, la situazione ha lati negativi, ma anche positivi. Melitta Rodini, residente e commerciante, è combattuta: “Da un lato mi fa piacere che i locali siano aperti, soprattutto la sera per una ragazza che deve tornare sola a casa. Dall’altro, è normale che la vita notturna possa portare disagi. Per esempio, prima dove abitavo io c’era un solo bar. Ora ci sono un bar, una pizzeria, una focacceria… I locali si sono moltiplicati, anche in spazi non pensati per la somministrazione, portando vari problemi: rifiuti, odori, rumore. Fanno un volume infinitamente maggiore di un appartamento. E c’è anche un effetto economico: i canoni salgono perché le attività notturne magari possono permettersi cifre che i commercianti tradizionali non reggono. Il risultato è che il mercato è un po’ drogato”.

Superato largo La Foppa, però, si apre un’altra via, più storica e lontana dai problemi della movida: “In Corso Garibaldi passavano quattro tram: due in su e due in giù. C’erano alimentari, latterie, fruttivendoli e tanti artigiani. C’era Moscatelli, uno dei primi bar con i jukebox che mostravano il cantante”, ricorda Guido Biasutto, classe 1945, seduto al bar Jupito. “Ci conoscevamo tutti. Bastava entrare in un bar per ritrovarsi. Adesso entri e non sai nemmeno chi incontri, non dici due parole. In ascensore eviti di salire, non per maleducazione, ma perché devi abbassare la testa. È un mondo diverso”. Accanto a lui, Adolfo Fumagalli, altro storico residente: “Fino a due anni fa avevo ancora il mio negozio di pellicce, Moda Torinese di Fumagalli, nato come sartoria nel 1929. Oggi al suo posto c’è un Charity Shop della Croce Rossa, che non è chiaro come abbia vinto il bando, essendo il locale del Comune. Io continuo con il laboratorio, ma il contesto è cambiato. Sono uno degli ultimi artigiani rimasti sul corso”.

Tra questi ultimi ci sono anche i coniugi Figus, titolari dell’omonimo marchio di borse con punti vendita in tutta Milano. La loro prima sede fu proprio qui. Ma il loro giudizio, come racconta Giorgio Figus, è più ottimista: “Siamo qui dal 1979. Quando siamo arrivati, la via era un po’ squallida. Da quando abbiamo comprato il locale per il laboratorio e il negozio è cambiato tutto. Oggi, nonostante le lamentele sulla movida, resta una delle vie più richieste di Milano”.