La questione è al centro di un lungo contenzioso, che affonda le radici nel rinnovo del contratto di lavoro del 2017, quando il management di Tim non ha riconosciuto l’aumento salariale conquistato con la contrattazione collettiva assorbendolo ai premi che la stessa azienda aveva riconosciuto ai lavoratori molti anni prima, diventati parte integrante del salario mensile. Soldi in meno, in sostanza, in busta paga.
Ora la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che ha dato ragione a un gruppo di lavoratori assistiti dalla UilCom, riconoscendo l’illegalità dell’assorbimento del superminimo e condannando Telecom anche a rifondere le spese legali. L’impugnazione proposta da Telecom Italia Spa, si legge nelle motivazioni dei giudici della Sezione lavoro della Corte d’Appello, "è infondata e non può, pertanto, trovare accoglimento".
La società aveva impugnato la sentenza di primo grado sostenendo, in particolare, che da parte dei giudici ci sarebbe stato una "erronea applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di assorbibilità dei superminimi trascurando che, nel caso di specie, le pattuizioni contenute nei singoli contratti di lavoro prevedevano espressamente l’assorbibilità dell’emolumento". Un ricorso che, però, è stato respinto.
"Sono ormai centinaia le cause che abbiamo portato avanti – spiega Luca Fratantonio, segretario generale UilCom Lombardia – nella convinzione di poter restituire ai lavoratori che si sono affidati a noi i propri salari, facendo anche recuperare gli arretrati dal 2018 alla data delle sentenze. La nostra azione si fonda sulla contrattazione ma in mancanza di risposte mettiamo e metteremo in campo azioni anche vertenziali per ripristinare i diritti calpestati".