
Poche auto sulla Brebemi
Milano – Il primo problema di Brebemi, l’autostrada che collega Brescia, Bergamo e Milano, è la carenza di traffico. Ma il traffico manca perché il progetto è stato concepito male fin dall’inizio, è stato costruito su numeri sbagliati.
Alcuni si sono rivelati sbagliati con l’andar del tempo, altri, uno in particolare, poteva essere immediatamente intercettato come... potenzialmente critico, se non proprio sbagliato. Il risultato è che, ora, si sta scaricando parte dei costi sulla collettività: altro che progetto a costo zero, come da intenzioni iniziali. È questa l’analisi più significativa tra quelle contenute nella deliberazione con la quale la Corte dei Conti, il 25 marzo, ha espresso parere negativo all’aggiornamento del Piano Economico Finanziario (PEF) e allo schema di convenzione unica presentati proprio dalla società Brebemi, che ha in concessione l’omonima autostrada dal luglio 2003, data della prima convenzione, siglata con ANAS. Nel 2007 ad ANAS è subentrata, come concedente, Concessioni Autostradali Lombarde (CAL), soggetto pubblico partecipato da ANAS e Regione Lombardia.
L’analisi di cui sopra è stata formalizzata dalla Corte dei Conti nelle pagine 21, 22 e 23 della deliberazione, che ne somma 31. Qui i giudici della sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato scrivono quanto segue: “L’operazione era stata originariamente concepita, in teoria, come un modello di avanguardia di p
rojet financing, interamente finanziato dai privati, senza alcun contributo statale. Tuttavia le previsioni di traffico si sono dimostrate lontane dalla realtà sin dall’entrata in esercizio dell’arteria autostradale e, nel corso degli aggiornamenti del PEF, sono sempre state riviste al ribasso. Il valore di 50.000 veicoli al giorno stimato nel PEF 2003, e sul quale è stato tarato tutto l’intervento nella sua dimensione tecnica ed economica, non è stato mai raggiunto: il dato effettivo di traffico registrato sulla Brebemi nel 2015 è stato pari a 13.500 veicoli al giorno – un quarto dell’obiettivo dichiarato –. Detto andamento dei flussi di traffico è stato peraltro confermato anche da NARS (Nucleo di consilenza per l’Attuazione delle linee guida per la Regolazione dei Servizi di pubblica utilità, afferente alla presidenza del Consiglio dei ministri ndr), così come è stato confermato che i valori a consuntivo, almeno fino al 2020, sono risultati sempre inferiori alle corrispondenti stime di traffico. Dette stime – precisano ancora i giudici contabili – sono state condivise dalle parti contrattuali (cioè CAL e Brebemi ndr) e, ad eccezione di quella iniziale, basata su valori dei flussi di traffico forniti da ANAS, sono state eseguite sulla scorta di previsioni fornite da consulenti del concessionario e validate dal concedente”.Traduzione: ad eccezione della prima stima, tutte le altre sono state prodotte in casa. Ma se i dati di traffico necessitavano della conferma del tempo, ce n’è uno che avrebbe dovuto mettere in guardia gli addetti ai lavori da subito. Ed è lo stesso sul quale si era espressa l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART): “Come sostenuto dall’ART – ricorda la Corte –, l’estensione chilometrica della tratta autostradale, pari a 62 chilometri, risulta inferiore al minimo individuato per gli ambiti ottimali di gestione e costituisce un valore al di sotto del quale è stata rilevata la presenza di significative inefficienze di costo”. Risultato: “La non adeguata quantificazione dei flussi di traffico operata in origine, sostanzialmente confermata nel corso del rapporto, ha compromesso l’equilibrio economico del rapporto contrattuale”.
La necessità di Brebemi di aggiornare il PEF e modificarne le condizioni origina quindi dall’aspettativa “di riequilibrare la convenzione” e di scaricare altrove una parte di quel “rischio operativo che, per definizione stessa del contratto di concessione – sottolinea invece la Corte – deve gravare sul concessionario”. Scaricare su chi? Anche sull’“utenza”, sulla collettività. Nel dettaglio, Brebemi vuol prolungare la durata della concessione di 7 anni, allungandola al 31 dicembre 2046, inserendo un valore di subentro pari a 1,2 miliardi di euro a carico di eventuali società che volessero prendere il suo posto e incrementare i pedaggi con un rincaro del 120% tra il 2021 e il 2038.
Da qui l’annotazione della Corte sull’effetto scaricabarile: “Modifiche quali il prolungamento della durata, l’inserimento di un valore di subentro e di un contributo pubblico, tutte a vantaggio della società concessionaria, hanno inciso sull’allocazione del rischio, anche attraverso il relativo trasferimento, almeno in parte, sull’utenza, senza che ciò sia previsto nella convenzione unica né consentito dalla normativa nazionale ed eurounionale”. Posto che il dato dei flussi di traffico inferiori a quelli previsti non rientra tra i fattori che legittimano modifiche ai piani in esame perché non è “esogeno” agli stessi, che le norme escludono “che la proroga costituisca una possibilità generalizzata ed indiscriminata di riequilibrio della convenzione”, per la Corte il PEF e lo schema di convenzione richiesti da Brebemi, configurano una “distorsione della concorrenza”.
La posizione di Brebemi
Da parte sua Brebemi fa sapere quanto segue: "Sulla base delle informazioni disponibili, la Corte dei Conti ha evidenziato rilievi in merito, inter alia, allo strumento dell’estensione della scadenza della concessione nel contesto di un procedimento di aggiornamento del PEF, nonché alla quantificazione dei ristori relativi ai minori ricavi determinati dall’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. La Società intende avviare un dialogo con la concedente CAL per valutare le opzioni disponibili e poter così definire il procedimento di aggiornamento del PEF previsto dal rapporto concessorio". In più si evidenzia che a gennaio 2025 il traffico è aumentato del 4.9% per quanto riguarda i veicoli leggeri e del 4.4% per i veicoli pesanti rispetto allo stesso mese del 2024.