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Milano - Dice il governatore Attilio Fontana che "i dati epidemiologici in Lombardia offrono segnali di miglioramento". Ieri c’erano 7.069 letti occupati nei reparti Corona degli ospedali, 55 meno di sabato, ma 16 in più in terapia intensiva, con 53 ingressi effettivi e 868 ricoverati: il massimo raggiunto sinora dalla terza ondata, mentre la seconda arrivò a 936 in contemporanea e 9.250 nei reparti, senza intaccare i record della prima ondata (1.326 lombardi in rianimazione e altri 13.328 nei reparti). È una storia di tredici mesi, ormai, quella del coronavirus in Lombardia, raccontata quotidianamente anche nei grafici del monitoraggio dell’Ats Metropolitana di Milano, che come provincia registrava 1.146 nuovi positivi dei 3.520 scoperti ieri in Lombardia.
Prendiamo il grafico che fotografa l’andamento dei nuovi contagiati quotidiani e dei guariti certificati dai tamponi (che l’Ats riporta alla data effettiva di esecuzione) tra il Milanese e il Lodigiano; due linee quasi sovrapposte, nei mesi di tregua. A inizio ottobre la curva dei positivi stacca e s’impenna fino al picco, tra il 30 ottobre e il 4 novembre; il picco dei guariti arriva dopo circa tre settimane, l’inversione di rotta della seconda ondata fa incrociare le due linee appena prima di metà di novembre, coi contagiati in discesa e i guariti in salita.
Le curve tornano ad appaiarsi intorno a Natale, ed è una tregua più breve e più armata di quella estiva perché se a fine luglio c’erano poco più d’una decina di malati di Covid nelle rianimazioni lombarde e circa 150 nei reparti, tra dicembre 2020 e gennaio 2021 i reparti Corona sono scesi appena sotto i 3.500 pazienti, le terapia intensive mai sotto i 350. A inizio febbraio contagiati e guariti tornano a incrociarsi, con i primi in salita; l’incrocio successivo coi positivi in discesa, che segna l’inizio della ritirata, è già avvenuto il 20 marzo, una settimana fa. Le curve epidemiche raccontano che rispetto all’ondata autunnale questa di primavera è meno acuminata, più piccola e piatta, almeno nelle province di Milano e Lodi.
Un confronto con la prima ondata non si può fare, perché la sua curva più bassa rappresenta soprattutto la penuria di tamponi nella regione investita per prima in Occidente dalla pandemia (ora se ne processano anche più di sessantamila al giorno, ma al 28 marzo 2020 se n’eran fatti 102.503 in tre mesi, compresi i 101 negativi prima di Codogno). Per capire cosa sia stata la prima offensiva del virus bisogna guardare la curva dei morti quotidiani (totali, non solo per Covid) rispetto alla media degli anni 2015-2019. Anche solo a Milano città, senza il Lodigiano dei primi focolai, si vede la vetta delle tre tremende settimane tra fine marzo e Pasqua 2020, quando l’Anagrafe registrava più di cento morti ogni giorno, rispetto ai settanta di metà novembre e ai meno di 50 di marzo (un numero non diverso dagli anni precedenti). Ma i dati dell’Anagrafe arrivano solo fino al giorno 8: la conta dei morti della terza ondata è ancora da fare, perché restano "l’ultimo numero a calare" nella coda rabbiosa della pandemia. Ieri il Covid ha ucciso 75 lombardi, sono 30.462 in tredici mesi e una settimana.
E chissà se faranno una differenza le vaccinazioni, che dovrebbero partire con la fase di massa "da dopo Pasqua", ha ricordato Fontana; il centro vaccinale della Fabbrica del Vapore, sin qui destinato al personale scolastico (in Lombardia ha ricevuto la prima razione di AstraZeneca il 63% dei 219.320 lavoratori) è chiuso per prepararsi, nel frattempo il personale è dirottato sui tamponi a domicilio, spiegano dall’Ats Metropolitana, ricordando che chi ha aderito alla campagna ma non ha ancora un appuntamento sarà contattato "nei prossimi giorni".
A ieri mattina, il 52% dei 725.923 ultraottantenni lombardi aveva ricevuto la prima dose di vaccino, e dei 49.577 che sono ricoverati in Rsa l’80% ha già fatto anche il richiamo; degli altri 676.346 il 49% ha avuto una dose, il 16% due. In tre mesi sono state iniettate in tutto un milione 485.348 dosi di antiCovid in Lombardia, l’82% di quelle ricevute, ma Pfizer, con un milione 169.080 somministrazioni, è stato utilizzato al 95%, contro il 58% di AstraZeneca (260.456 iniezioni su 447.600 dosi, di cui44.800 arrivate sabato) e il 43% di Moderna (56.048 su 129mila).
Quest’ultimo è il vaccino riservato alla complessa operazione delle iniezioni a domicilio, il cui ritmo, fa sapere l’Ats, accelererà nei prossimi giorni. Tra il Milanese e il Lodigiano i medici di base hanno segnalato 26.149 ultraottantenni come "non autonomi", e 5.203 (uno su cinque) hanno già avuto la prima dose. Ma solo poco più di metà (2.694, di cui 1.208 a Milano, 1.293 nell’hinterland e 193 in provincia di Lodi) l’hanno avuta a casa, semplicemente perché le Asst, dopo aver contattato gli altri 2.509 o i loro caregiver, hanno capito che il problema non era uscire di casa ma raggiungere i centri vaccinali; e questi 456 ultraottantenni milanesi, 1.505 dell’hinterland e 548 lodigiani poi sono riusciti a farlo, anche col supporto dei Comuni che stanno lavorando con l’Ats.