NICOLA PALMA
Cronaca

Luca Lucci, il re della Curva Sud: le relazioni criminali e la legge del capo. “Da noi decide uno”

Il ritratto del leader degli ultras milanisti nelle carte dell’indagine. Il quartier generale a Cologno e i vertici con uomini vicini ai clan

La Curva Sud del Milan. Nel riquadro, il leader Luca Lucci

Milano – Tutto ruotava attorno al Toro. Le relazioni pericolose con uomini vicini ai clan. Il business legato alla catena in franchising Italian Ink. L’amicizia per affari con il rapper Fedez. E ovviamente il governo a distanza della curva e dell’indotto nero del Meazza sponda milanista.

Le carte dell’indagine che ha azzerato i direttivi del tifo organizzato di stanza al secondo anello di San Siro tratteggiano un ritratto dettagliatissimo di Luca Lucci, il ras incontrastato della Sud. Un sovrano a cui nessuno osa dire di no. Un re che ha imposto un decalogo preciso ai sudditi. Sono le sue “regole”, per dirla con le parole messe nero su bianco dagli investigatori nelle informative che hanno dato linfa all’inchiesta dell’Antimafia che l’ha portato in cella per l’ennesima volta: se il titolare di una panetteria di piazza Axum reagisce alle intimidazioni, bisogna “parlare con Luca” per capire come muoversi; se ci confronta con il pluripregiudicato capo dei Fedayn napoletani, gli si spiega che al secondo anello blu nessuno fa di testa sua e che “da noi quello che decide una persona lo sa tutta la Curva”; se un luogotenente come Christian Rosiello manca di rispetto all’esponente di spicco della Nord Francesco Intagliata, sarà Luca a “chiedere scusa da parte sua” e a “prendere provvedimenti”.

Insomma, non si muove foglia senza che Lucci non voglia: “Io sono capo della curva dal 2009”, rivendica lui al telefono con l’ultrà juventino Loris Grancini, vicino al suo ex socio fraterno Giancarlo “Sandokan” Lombardi. “Ogni azione violenta, ogni intimidazione, ogni agguato, ogni aggressione fisica attuata contro gli esponenti degli altri gruppi della stessa fede calcistica, sono stati e lo sono tuttora finalizzati a impossessarsi del controllo totale della curva, intesa come territorio d’affari da difendere a tutti i costi da ogni sorta di minaccia, soprattutto da quella derivante dagli altri gruppi di tifosi milanisti che insidierebbero la loro egemonia e il loro campo d’affari”, annotano gli investigatori di Squadra mobile e Sco. Un modello che verrà mutuato pure dai cugini, seppur con conseguenze nefaste: il progetto di unificazione della Nord si infrangerà sulla rivalità finita nel sangue tra Andrea Beretta e Antonio Bellocco.

Nelle carte, gli inquirenti analizzano le relazioni pericolose di Lucci e i suoi legami con personaggi in contatto con esponenti dei clan. L’elenco dei pm parte da Rosario Calabria e Saverio Trimboli. Il primo “è vicino a Domenico Papalia, classe ’83, figlio di Antonio, appartenente all’omonima famiglia di ’ndrangheta orbitante nell’area milanese (Corsico e Buccinasco)”. Per quanto riguarda il secondo, il casellario giudiziario informa di un patteggiamento per furto nel 2001 e di uno per lesioni personali nel 2008, oltre al coinvolgimento in un’inchiesta per droga; in particolare, spiegano i magistrati, la storia delle lesioni aggravate “è inerente a un episodio avvenuto a Bianco”, in provincia di Reggio Calabria, “in cui veniva fermato dai carabinieri e arrestato unitamente a Domenico Papalia e Rosario Calabria”.

E poi c’è Islam Hagag, meglio conosciuto come Alex Cologno, accreditato di numerose “entrature calabresi” che gli consentiranno di infilarsi nell’organizzazione di concerti estivi di Fedez e altri artisti in quattro locali di Catanzaro Lido, Corigliano Calabro, Roccella Jonica e Gioia Tauro. Le indagini dicono che “per poter perfezionare tali progetti” si sarebbe affidato a tale “cugino Ciccio”. Chi è? Secondo la Dda, è Francesco Barbaro, trentaquattrenne di Locri “figlio di Rocco Barbaro, nato a Platì il 30 giugno 1965, inteso “u Sparitu”, cioè di uno dei più importanti elementi della ’ndrangheta del mandamento jonico”.

Della loro amicizia si trova traccia già il 21 ottobre 2023, “quando sul profilo Instagram dell’indagato era stata pubblicata una foto che li ritraeva insieme dinanzi all’Italian Ink di Rosate”, uno dei negozi di tatuaggi che fanno capo alla società di franchising posseduta all’80% da Lucci. Hagag può contare pure su un legame stabile con A.G., che per parte di madre è imparentata con la famiglia di Pasquale Zappia, il “Mastro generale della Lombardia” arrestato e condannato nell’operazione antimafia Infinito.

Fuori dal negozio di Cologno Monzese, diventato il quartier generale di Lucci negli orari in cui era autorizzato a uscire di casa dal giudice, le telecamere immortaleranno pure altri passaggi pesanti: dal capo ultrà del Rione Sanità di Napoli Gianluca De Marino, precedenti di polizia per associazione mafiosa e un fratello killer di camorra, al pugile Francesco Terlizzi, che ha patteggiato tre anni e mezzo nel processo sulla presunta associazione a delinquere che secondo le accuse faceva capo a Davidino Flachi, figlio di don Pepè.