ANNA GIORGI
Cronaca

Cyberspie, Pazzali ancora nel mirino: “Ha una rete potente e può ricattare, arrestatelo”

I verbali di Carmie Gallo e l’accusa al vicecapo dei Servizi Carlo De Donno di aver svelato l’indagine: “Solo calunnie”. Il ricorso al Riesame della Procura chiede carcere o domiciliari per 15 persone: possono agire di nuovo

Enrico Pazzali

Enrico Pazzali

Milano – Dopo le dichiarzioni di Carmine Gallo, l’ex superpoliziotto morto lo scorso 9 marzo, e dell’hacker Samuele Calamucci finite nel fascicolo depositato dai pm al Riesame che sarà discusso mercoledì, ha annunciato querela anche Gianluca Tognozzi, legale del generale Carlo De Donno, ex vicedirettore dell’Aisi, il servizio di sicurezza interno.

Gli investigatori della procura, riportando dichiarazioni di Gallo, scrivono che Enrico Pazzali, numero uno di Equalize e presidente della fondazione Fiera, ora autosospeso, avrebbe ottenuto informazioni, prima che deflagrasse il caso cyber spie, “su un suo possibile coinvolgimento in indagini, solo dopo aver incontrato a Roma Carlo De Donno”. Immediata la difesa: “Il generale non era assolutamente a conoscenza della indagine milanese e quindi non avrebbe potuto rivelare informazioni”, precisa l’avvocato di De Donno, riservandosi “ulteriori azioni nei confronti di chiunque riproponga calunnie”.

Intanto la posizione di Carmine Gallo dopo la morte è stata stralciata e archiviata. Verranno però utilizzate per riscontri le sue dichiarazioni: il poliziotto avrebbe fatto ammissioni e chiarimenti entrando nel dettaglio dell’attività della rete, facendo nuovi nomi e parlando del collegamento con i servizi segreti. Oltre a negare che il gruppo fosse riuscito realmente a bucare direttamente le banche dati riservate (si sarebbe servito di alcuni uomini delle forze dell’ordine retribuiti per gli accessi), avrebbe spiegato comunque che Pazzali “sapeva tutto e controllava tutto”. Avrebbe saputo pure che il tema di indagine era la eventuale raccolta illecita “degli Sdi”, ossia i famigerati accessi abusivi alla banca dati delle forze dell’ordine, attraverso funzionari infedeli delle forze dell’ordine.

Il pm della Dda Francesco De Tommasi e il collega della Dna Antonello Ardituro hanno chiesto al Riesame dodici custodie cautelari in carcere per altrettanti indagati, tra cui l’hacker Calamucci, finito ai domiciliari su decisione del gip, e i domiciliari per altri tre indagati, tra cui Pazzali e Gabriele Pegoraro, hacker esperto e “collaboratore esterno” del gruppo. Per gli inquirenti Pazzali può godere ancora di una “fortissima rete di relazioni” e della “forza del ricatto”, data la complessa fabbrica di dossieraggi che ha costruito, ma soprattutto potrebbe avvalersi ancora di hacker “a disposizione dell’organizzazione”, come Abbadessa, Rovini, Di Iulio, Coffetti, tutti indagati, ma senza misura cautelare ordinata dal gip. Quest’ultimo, scrivono i pm, è “capace di inoculare captatori informatici nei dispositivi”.