"L’impatto economico del fenomeno Taylor Swift è ormai calcolato precisamente, tappa dopo tappa. Su Milano gli ultimi dati di Confcommercio ci dicono che è quantificabile in 176,6 milioni di euro, tra biglietti e indotto, dal turismo alla ristorazione. Cifra che per qualcuno è anche al ribasso", così Stefania Romenti, professoressa di comunicazione strategica alla Iulm e delegata del rettore alla Sostenibilità, analizza la Swift economy.
In due giorni muove più della fashion week?
"Verosimilmente sì, tenendo conto che a Parigi ha avuto un impatto maggiore rispetto alle Olimpiadi. Una spinta così forte ha però i suoi aspetti negativi".
I prezzi di alberghi e servizi si sono gonfiati.
"Gli economisti stanno studiando anche l’inflazione che porta con sé, come i tanti grandi eventi. Iniziano a esserci problemi di sostenibilità, tanto che le banche centrali europee pensano di prendere provvedimenti. In Europa non si erano mai visti così tanti eventi concentrati in un unico anno e questo ha i suoi risvolti, non solo positivi".
Anche ambientali.
"Certo. Nelle tappe europee dell’Eras Tour uno spettatore su quattro è americano perché c’è una netta convenienza: negli Stati Uniti i biglietti sono ancora più cari. E pensate ai voli aerei. Un tema che l’artista non ha ancora toccato in maniera così forte rispetto per esempio ai Coldplay, che hanno uno dei bilanci di sostenibilità più belli e creativi che io abbia mai letto".
Lei è esperta di comunicazione strategica. Cosa c’è a monte del fenomeno Taylor Swift?
"È un’artista che applica alla lettera il brand management: cura ogni dettaglio del processo di costruzione, posizionamento e mantenimento del brand. A partire dall’autenticità, fortissima. I fan percepiscono questa trasparenza massima: “È una di noi”".
Nonostante il successo e i milioni, si identifica con lei anche chi ha fragilità economiche e sociali?
"Sì. E anche gli attacchi degli haters non riescono ad attecchire. Nella sua comunicazione social continua, Taylor Swift parla di fragilità, di problematiche, non solo della sua vita musicale, ma di cosa c’è dietro il palco, di quotidianità. Viene apprezzata la coerenza del brand anche quando ci sono crisi: sa come gestirle senza sbavature, come il caso Spotify o la battaglia legale con la ex casa discografica".
Ci sono state tante tesi di laurea su Taylor Swift?
"Negli ultimi anni sì, da tanti punti di vista: su codici linguistici, tecniche per coltivare la fan base, con la connessione emotiva continua, sui codici simbolici che ruotano attorno ai suoi successi. È un brand che si può studiare in modo innovativo".
E che dovrà ora affrontare anche la sfida della sostenibilità. "Sì. Quella sociale l’ha già ampiamente toccata se si pensa al modello femminile, alla presa di posizione contro le violenze di genere. La sostenibilità ambientale per ora è stata un po’ trascurata anche davanti a primi e deboli segnali di crisi, penso a Londra quando è stato imbrattato il suo jet privato dagli ambientalisti, che calcolano l’uso che ne fa anche per spostamenti di 10 minuti. Ma attenzione, all’inizio pareva avesse ignorato pure il tema politico. E invece si è schierata eccome, sposta voti e anche per queste elezioni, tanti attendono - con una certa ansia - quando si pronuncerà".
Sta studiando per evitare di cadere nella trappola del greenwashing?
"Sì, è la mia impressione: credo che prenderà presto una posizione chiara anche su questo".