REDAZIONE MILANO

Dalla cella al lavoro edile: "Il futuro nelle nostre mani"

Patto con Assimpredil e sindacati sulla formazione. "Dignità e opportunità". Partito un anno fa, il progetto consente alle imprese di assumere reclusi.

Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, con don Gino Rigoldi

Regina De Albertis, presidente Assimpredil Ance, con don Gino Rigoldi

La Costituzione parla chiaro: la pena deve "tendere alla rieduzione del condannato". Difficile, se i detenuti vivono in carceri sovraffollate, ridotti alla somma dei reati commessi, stigmatizzati dalla società e rigettati dal mercato del lavoro. La loro condizione è un’emergenza spesso dimenticata, ma in questo deserto di prospettive esiste un’oasi, un progetto avviato dal carcere di Opera: un laboratorio per formare i detenuti come addetti nel settore edile e reintegrarli nel mondo lavorativo.

Ieri la presentazione dei risultati ottenuti nel primo anno, in un incontro nella sede di Assimpredil Ance trasmesso in diretta streaming con il carcere. "Ho visto un cambiamento nella mia vita", racconta Moustapha, detenuto assunto a una settimana dalla fine del corso di formazione. "Loro hanno fiducia in me, quindi ce l’ho anche io. Ora il futuro è nelle mie mani". Sono parole che raccontano tutto il valore dell’esperienza, perché è attraverso il lavoro che il detenuto trova un’opportunità di riscatto e impara a essere una persona migliore. "Il loro mondo si ricolora – racconta Don Gino Rigoldi, il vero motore del progetto –. Si apre un’occasione che cambia la loro vita".

In concreto, il corso di formazione comprende 16 ore dedicate alla sicurezza e 80 all’insegnamento dell’arte muraria e alla costruzione di casette. "Credo sia il primo laboratorio edile in un istituto penitenziario in Italia", commenta Luca Cazzaniga, presidente di Esem-Cpt, l’ente che gestisce lo spazio all’interno del protocollo firmato con l’amministrazione penitenziaria, Assimpredil Ance, i sindacati, Umana e Fondazione Don Gino Rigoldi. Il progetto consente poi l’assunzione da parte delle imprese edili che ne fanno richiesta: queste sanno di avere di fronte un detenuto che al termine dell’attività deve rientrare in istituto, ma non ne conoscono i reati. Ne guadagna l’azienda, che così trova la manodopera qualificata di cui ha bisogno. Ne guadagna il Paese, perché il lavoro aumenta il Pil e abbassa il tasso di recidiva, rendendo più sicuri i territori. Ma soprattutto, ne guadagna il detenuto, che ritrova una dignità che pensava di avere perduto per sempre. "La strada è ancora lunga – conclude Regina De Albertis, presidente di Assimpredil Ance – ma abbiamo visto un’umanità meravigliosa disposta a mettersi in gioco per offrirsi una nuova opportunità".

Thomas Fox