DIANDREA GIANNI
Cronaca

"Dalle gemelline Schepp al neonato abbandonato I miei labrador sulle tracce di chi scompare"

Ivan Schmidt, 11 anni in prima linea nelle ricerche: "Ogni caso ha lasciato un segno, le famiglie hanno il diritto di avere risposte"

di Andrea Gianni

"Ogni scomparsa ha dietro una storia drammatica, forse il caso che mi ha coinvolto di più emotivamente è stato quello delle gemelline Alessia e Livia Schepp, perché è rimasto irrisolto". Ivan Schmidt ripercorre 11 anni in prima linea nella ricerca di persone sparite nel nulla, con i suoi labrador “detective“ addestrati a fiutare le tracce. Un lavoro che lo ha portato nella Bergamasca, collaborando alle ricerche di Yara Gambirasio, e in una quarantina di altri luoghi d’Europa teatro di battute che a volte si sono concluse con un lieto finale. Il 20 e il 21 febbraio sarà ad Assago con Virginia Ancona, un’altra professionista nella disciplina del mantrailing (la ricerca di persone tramite cani molecolari), per due giorni di seminari e dimostrazioni pratiche con i labrador retriever Mia e Nebula.

Come si sta evolvendo la disciplina?

"Sono stati fatti grossi passi avanti nelle tecniche, con aggiornamenti che consentono un trasferimento più efficace e rapido possibile dell’odore della persona da cercare sulla garza che viene fatta annusare ai cani. Si tratta di un elemento fondamentale, perché noi siamo specializzati nella ricerca di persone vive e in questi casi ogni minuto è prezioso".

Come vengono addestrati i cani?

"Noi usiamo i labrador perché hanno maggiore versatilità, altri preferiscono border collie, bloodhound o altre razze. Dico sempre che in un cane addestrato bisogna bilanciare perfettamente motore e testa. L’addestramento è basato principalmente sul gioco, usiamo come rinforzo cibo o una pallina. È fondamentale il rapporto con il padrone".

Quanto tempo serve per completare l’addestramento?

"Avere fretta è un errore, porta a lavori fatti male. Alcuni pensano di poter completare una preparazione in 16-18 mesi. Secondo me servono almeno due anni per creare un buon binomio".

Quante battute di ricerca ha seguito finora?

"Faccio questo lavoro da 11 anni e mi è capitato di seguire una quarantina di casi in Italia, in Svizzera e in altre zone d’Europa, collaborando con le forze dell’ordine. Noi interveniamo quando si presuppone che la persona da cercare possa essere ancora in vita. Scendiamo in campo entro due settimane dalla scomparsa. Per dieci volte siamo riusciti a trovare persone ancora vive. Negli altri casi, purtroppo, non c’è stato nulla da fare".

Quali casi l’hanno colpita di più emotivamente?

"Quello delle gemelline Schepp (furono rapite nel 2011 dal padre, che poi si tolse la vita. I corpi delle bambine non sono stati ritrovati, ndr). Ho partecipato alle ricerche al confine fra la Francia e la Svizzera. La famiglia ha il diritto di avere risposte, e di poter dare una degna sepoltura. Anche le ricerche di Yara Gambirasio, alle quali ho collaborato per un supporto tecnico, mi hanno colpito. Poi ricordo un caso a Bologna: ci hanno chiamati per trovare le tracce dei genitori di un neonato abbandonato e siamo riusciti a risalire a un domicilio. Nella stessa giornata i cani hanno trovato in un parco le ultime tracce di un anziano scomparso, che purtroppo si era gettato nel fiume. Ogni sparizione lascia il segno, perché ha dietro una storia tragica. Ci è capitato ad esempio di cercare una persona vittima della mafia, che si era allontanata in seguito a minacce di morte. Ma il ruolo dei cani può anche andare oltre".

In che modo?

"Con una tecnica nota come “confronto all’americana“ possono individuare su una persona tracce di un’altra, che ad esempio è stata uccisa. In alcuni Paesi questo ha valore di prova, in Italia non ancora".